Qualche giorno fa mi è capitato sotto gli occhi un tweet di una “grande firma” di un grande quotidiano italiano (un breve inciso: “grande firma” da tempo ormai non significa più nulla: separa solo, molto tenuemente, pochi vecchi giornalisti che continuano ad accedere a privilegi e visibilità che l’editore paga con il precariato di tutti gli altri immaginando che da tutto questo gliene venga un vantaggio) che stigmatizzava la vacuità del giornalismo italiano. Mentre l’economia del Paese va a rotoli voi – twittava severo la grande firma – continuate ad occuparvi di Maria Rosaria Boccia. Poiché il giornale su cui la grande firma scrive è uno dei più attivi nella discussione sulla fidanzata dell’ex ministro della cultura quel tweet può essere interpretato solo in due maniere. Come una gigantesca amnesia o, molto più probabilmente, come una dichiarazione di distanza che, mentre prende di mira tutto l’ambiente mediatico nazionale, incidentalmente, senza dirlo, schizza di fango morale anche l’editore che gli paga lo stipendio. Oppure forse, non è da escludere, indica al proprio capo la linea che dovrebbe seguire in futuro.
Il narcisismo del giornalismo italiano è sempre stato così. Ma se un tempo una deriva del genere aveva qualche tenue giustificazione, legata al ruolo che alcuni editorialisti avevano nella costruzione del discorso pubblico (una volta il presidente Pertini sciaguratamente mandò un carabiniere in moto da Roma a Milano sotto la pioggia per consegnare un messaggio di biasimo a Giorgio Bocca per una cosa che aveva scritto), oggi la sottolineatura della distanza fra l’io della grande firma e il voi di tutti gli altri attorno assume ogni volta i toni della farsa. Se l’io prevalesse davvero e non fosse una ridicola scena di autoaffermazione, allora la grande firma invece che twittare ammonimenti dovrebbe semplicemente andarsene. Smettere di mescolare il proprio augusto nome, i temi alti della propria analisi sul mondo, dalle sorti di simili venditori di pettegolezzi e scene morbose. Questo passo eticamente indispensabile, per qualche ragione, nessuno lo compie mai.