Mio suocero si chiama G. e ha 89 anni. Da tempo soffre di una forma di demenza ingravescente. Vive con la pensione minima in una piccola cittadina romagnola con sua moglie T. Lei ha 82 anni ben portati. Qualche settimana fa è stato ricoverato in ospedale: non si alimentava più, non era più in contatto, il sonno costellato di lunghe apnee respiratorie. In ospedale tutti pensavano che quelli sarebbero stati i suoi ultimi giorni.

Io quando sento pontificare in TV, in rete e dalle pagine dei giornali sulla “sanità italiana” scuoto automaticamente la testa. Non esiste una sanità italiana. Nulla, alle varie latitudini di questo Paese, è più variabile dell’assistenza sanitaria. Parlare in generale della sanità italiana non è solo una cosa senza senso ma è anche una cosa stupida. Il sistema sanitario non è nazionale, è a malapena regionale. Nella sola Emilia Romagna, una delle regioni nelle quali notoriamente la sanità funziona meglio, esistono livelli di assistenza differenti da zona a zona, spesso le grandi città hanno difficoltà maggiori di quelle medio piccole, le province più al nord, che subiscono gli influssi del sistema lombardo, hanno livelli medi di assistenza pubblica inferiori a quelli delle province meridionali. L’Emilia Romagna è una regione in cui al sud le cose vanno meglio che al nord. Così, tanto per incasinare ulteriormente i nostri amati luoghi comuni.

Dopo un paio di settimane ricoverato nel reparto di Medicina (d’accordo con i medici la famiglia ha scelto di evitare ogni accanimento terapeutico) G. migliora un po’. Da solo, con una semplice soluzione glucosata in vena nel suo letto di un reparto tranquillo e ben gestito, riconosce la moglie, dice cose senza troppo senso con i figli. Migliora. Soprattutto non soffre. T. la moglie di G. non guida, i figli sono spesso fuori per lavoro, G. viene trasferito nell’hospice della piccola cittadina in cui vive. Sua moglie potrà andare da lui ogni giorno a piedi. L’hospice della cittadina di G. è nella sede del vecchio ospedale. Ogni cittadina con qualche migliaia di abitati da noi aveva in passato il suo ospedale: quando un paio di decenni fa si iniziò a chiuderli i cittadini protestarono. Avevano torto.

Moltissime cose nella sanità emiliano romagnola non funzionano. Grossolanamente molto di quanto è stato appaltato fuori dal sistema pubblica funziona peggio di come dovrebbe. Le strutture in convenzione funzionano mediamente peggio di quelle interamente pubbliche. Il denaro è ovviamente la discriminante principale. Privatizzare la sanità, anche in maniera indiretta, è un modo come un altro per ridurne la qualità per la maggioranza delle persone: questo concetto è oggi ben evidente solo nelle regioni in cui è possibile fare un paragone fra il pubblico e il privato. Nella gran parte del Paese questo non è mai stato possibile. Una delle molte ragioni per cui non ha senso parlare dello stato della sanità pubblica in Italia. Se pubblico e privato sono mediamente scadenti nessuno vedrà la differenza.

G. è ora nell’hospice della cittadina in cui è nato. Le sue condizioni sono altalenanti, T. sta molte ore al giorno accanto a lui. È una struttura molto ben gestita, nata per accogliere i malati oncologici terminali, camere singole, molta attenzione ai pazienti, grandissima gentilezza. Alle 5 del pomeriggio, le OSS passano con il the. Non per i pazienti, che mediamente non lo possono bere, ma per i loro familiari.

Il neo eletto presidente della regione Emilia Romagna Michele de Pascale abita nella stessa cittadina di mare nella quale anche noi ci siamo trasferiti qualche anno fa. Una cittadina ricca che deve la sua ricchezza al turismo: molti residenti hanno auto di lusso, molti, per qualche ragione, prediligono il denaro contante. De Pascale come primo provvedimento della sua giunta ha annunciato aumenti di tasse per salvaguardare il sistema sanitario regionale al collasso. Sono soldi che pagherò volentieri. Uno dei paradossi del welfare sanitario è che gli evasori moltiplicano le proprie opzioni. Sfruttano gratuitamente il sistema pubblico dove mediamente questo ancora funziona e, mentre ne determinano il collasso, possono accedere senza problemi a quello a pagamento.

G. forse, se tutto andrà come deve andare, sarà dimesso dall’hospice e tornerà a casa. Le sue condizioni sono ancora incerte, nei prossimi giorni si vedrà. Ieri c’è stata una riunione con i familiari per spiegare che anche a casa non sarà lasciato solo. È stato ordinato un letto apposito che l’azienda sanitaria porterà al suo domicilio, ogni giorno un infermiere dell’hospice andrà per le terapie, una OSS dell’hospice aiuterà T. per lavarlo e accudirlo. I medici del reparto potranno essere contattati direttamente nelle 12 ore diurne. Se le cose non andranno come devono andare G. tornerà all’hospice senza ulteriori trafile burocratiche fra pronto soccorso e reparti ospedalieri.

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