Due cose mi dice la vicenda della foto taroccata di Kate Middleton con i figli. Nessuna delle due riguarda direttamente gli infortuni comunicativi grossolani o le questioni di salute della principessa di Galles. Sono due faccende legate ai tempi, che riguardano tutti, che travolgono tutti.
La prima faccenda riguarda l’ansia di essere visti. Esiste oggi una paura diffusa di non esistere, di affondare nell’oblio del continuo rinnovarsi delle informazioni digitali. Rifiutare una simile schiavitù, saperla gestire, è una scommessa che ci riguarda: una scommessa difficile da vincere anche nel piccolo delle nostre relazioni personali. In un mondo in cui la comunicazione di sé è diventata moneta di scambio, ad ogni livello, dalle famiglie reali all’ultimo di noi, non comunicare è diffusamente percepito, da noi stessi e dagli altri, come una sconfitta.
Come una sconfitta o come un segnale.
Questa è la seconda questione: gli ambienti digitali hanno inaugurato la stagione dei segnali. Esserci è un segnale, (ci sono, sto bene, ti vedo anch’io come tu vedi me) ma anche non esserci è diventato un segnale. Scomparire improvvisamente è un segnale: nel luogo in cui ogni giorno si è rappresentati non esserlo più autorizza forme più o meno forti di interpretazione magica. E simili pensieri sono per noi che li subiamo difficili da accettare. Anche le dietrologie sulla nostra salute sono un segnale, le bugie (eventualmente) sulla nostra salute, le indiscrezioni sulla nostra salute. Non rispondere, non mandare un segnale è in casi del genere perfino più difficile che astenersi dall’essere presenti.
Milioni di persone che non ne hanno titolo e che un tempo nemmeno ne avevano contezza, oggi chiedono “la verità”. Per ironia della sorte la domandano nell’ambiente che non la offre praticamente mai, che la simula con magie fino a ieri inimmaginabili.
Niente è più ridicolo di tutto questo. Buono per i tordi, avrebbe detto Caulfield.
Marzo 13th, 2024 at 17:29
Assolutamente d’accordo ma c’è alternativa?