Di questo tweet che accosta una foto di Elly Schlein a una frase non sua (in questo caso una frase di Luigi Einaudi ma girano in rete anche altre versioni) colpiscono due cose. La prima è che l’autrice del tweet non manifesti la minima incertezza nel lasciare al commento di chiunque una simile bugia (al momento ci sono oltre 500 commenti) raccontando così una volontà disinformativa e un’etica delle relazioni sociali pari a zero. Non troverete scuse o imbarazzi da parte sua per aver propagandato una bufala, tanto che risponde con un semplice “lo so” al primo commento di chi le fa notare che la frase non è della persona nella foto (in realtà però quella frase non solo non è sua ma Schlein non l’ha mai detta).





La seconda, quella di gran lunga più importante, è che su centinaia di interventi, la grande maggioranza commenta la frase come se fosse vera, anche se perfino per un osservatore distratto sarà quasi impossibile non notare gli accenni ripetuti alla falsa attribuzione di quelle parole. Il disinformatore in casi del genere potrà essere un soggetto interessato o un cretino ma i commentatori saranno, nella maggioranza dei casi, semplici passanti, disinteressanti al nocciolo delle questioni; piccoli ingranaggi di una amplificazione di bugie potentissima e fino a ieri inimmaginabile. Internet senza etica personale e senza responsabilità individuali perde così ogni significato, si trasforma in qualcosa d’altro. Una sorta di caos di frasi senza senso dentro il quale è del tutto inutile restare.

Un commento a “Internet al suo peggio”

  1. camu dice:

    Ho visto fare lo stesso, e non solo su Twitter, ma su più autorevoli giornali internazionali, con la Meloni, alla quale sono state erroneamente attribuite frasi dette da altri pur di discreditarla. Sfortunatamente questa gentaglia approfitta dell’ignoranza e della credulonità diffusa di tante persone. Oramai in pochi si prendono la briga di andare a controllare la veridicità delle notizie, e questo male delle fake news colpisce destra, sinistra, alto e basso, senza discriminare nessuno. La par condicio delle bugie, insomma.