La retorica populista della destra è arrivata a colonizzare anche i nomi dei ministeri. E improvvisamente tutti ne parliamo. Eppure non c’è troppo da meravigliarsene. Quella roba lì è tutto quello che hanno, da sempre. E’ la base incerta del loro potere e del loro attuale successo di pubblico. Sono etichette un po’ ridicole e un po’ novecentesche che nei prossimi mesi attaccheranno dappertutto. Fino a quando il teatrino resterà in piedi.

3 commenti a “Dio, patria, famiglia e tutto il resto”

  1. M.fisk dice:

    lamentare che la destra stia colonizzando i nomi delle cose appare -lo dico con tutto l’affetto possibile- un po’ ridicolo, dopo tanti anni in cui l’altra parte della politica ha tentato di colonizzare i pronomi, gli aggettivi, le desinenze, i generi e, in sintesi, si è arrogata il diritto di decidere cosa fosse giusto pensare e cosa fosse sbagliato. E lo dico, pur da elettore sconfitto, rivendicando di aver sempre preconizzato che imporre alla società le lunari rivendicazioni dei cinquanta sbarellati che passano le giornate a litigare su twitter non andrebbe fatto bene né alle rivendicazioni né alla società

  2. Simone dice:

    Sarebbe saggio (e democratico) lasciarli lavorare e osservarne i risultati, le parole sono importanti ma credo che in questo momento possano accettare di sentirsi un po’ meno importanti

  3. marcell_o dice:

    Non capisco questa continua richiesta di lasciarli lavorare… ma chi lo sta impedendo?
    Uno commenta quel che hanno combinato fin’ora (campagna elettorale e discorsi vari) tra promesse e discorsi programmatici.
    Se uno dice una cosa si potrà criticare o no?
    Se uno dice una cosa e uno del suo stesso governo ne dice una diversa si potrà criticare o no?
    Se uno vuole rispetto oggi dopo averlo negato agli altri per anni si potrà criticare o no?
    Se qualcuno dice che non sarà la cheerleader di nessuno in Europa si potrà dubitarne (visto che accusava qualcun altro di esserlo)?