Chi segue questo blog sa che gli autori che ho ammirato maggiormente negli ultimi anni sono tre. Il primo è di sicuro Roberto Bolaño. La seconda è Annie Ernaux. Il terzo è W.G. Sebald. Bolaño è morto a 50 anni nel 2003, Sebald a 57 anni nel 2001. Due perdite immense.
Ieri è stato l’anniversario della morte di Sebald, avvenuta il 14 dicembre del 2001 per la rottura di un aneurisma: lo scrittore era in auto con la figlia che si salvò dall’incidente seguito al malore. Per chi avesse curiosità appunto qui di seguito tre pezzi su Sebald che vale la pena leggere:
Gianluca Didino su L’indiscreto
È stato fatto notare spesso come la peculiare tecnica letteraria di Sebald abbia anticipato di un decennio la scrittura sul web, e specialmente sui blog, con la sua giustapposizione di testo e immagini e l’onnipresenza di una prima persona inaffidabile, sospesa tra l’artificio letterario e la confessione (pensiamo all’incipit degli Anelli di Saturno, in cui Sebald ci informa di un suo ricovero nell’ospedale di Norwich senza spiegarne però le cause). Altrettanto spesso si è insistito su come l’esperienza del lettore di fronte a un testo sebaldiano somigli a quella della navigazione in rete, una deriva infinita da link a link che ci porta sempre più lontani dal punto di partenza finché, come se fossimo caduti in un wormhole, ci ritroviamo di nuovo sul percorso principale.
Francesco Guglieri su Esquire:
Sarà questa particolare forma di «cronofobia» a farmi tornare a intervalli regolari alle pagine di W. G. Sebald. Ma com’è possibile che un autore così legato al Novecento e alle sue tragedie, così tradizionalista a livello personale (non possedeva né un fax né una segreteria telefonica, ed era l’unico membro della facoltà dell’Università dell’East Anglia a non avere un computer in ufficio), sia, più di ogni altro scrittore contemporaneo, l’autore da leggere per capire lo stato di confusione perenne in cui siamo immersi?
Tiziano Gianotti su Linkiesta:
Ecco, credo non si possa dir meglio l’essenza della poetica di W.G. Sebald; nonché la fascinazione immediata che Austerlitz esercita sull’incauto lettore. La prima sensazione che si prova entrando nei lunghi paragrafi della prosa di S. è di allarme: c’è qualcosa di allarmante che non riguarda il contesto – almeno, non solo quello – ben sì il lessico, le locuzioni, la linfa allucinata che scorre tra le frasi e le illumina; la seconda, in perfetta consonanza, è la seduzione parallela che esercita la figura del narratore come uomo in ascolto, quasi suo malgrado e riconoscente: il lettore è portato a fare altrettanto per via di seduzione, come in un racconto del mistero, di cui il risonante récit romanzesco di Sebald ha il lustro d’ombra.
Visto che è quasi Natale mi piacerebbe consigliare tre libri di questi autori ma è praticamente impossibile. La qualità della loro scrittura è talmente formidabile e circolare che si potrebbe quasi dire che un libro vale l’altro. In ogni caso ci provo:
Di Annie Ernaux vi direi di leggere “Gli anni” (la cui lista di ricordi, che chiude il libro, è una delle cose più commoventi che io abbia mai letto)
Di Bolaño dovrei dire 2666, ma se vi serve qualcosa di meno monumentale potreste leggere Notturno cileno (o le sue poesie, o davvero qualsiasi altra cosa). Di Notturno cileno esiste anche una formidabile versione audio letta da Fabrizio Gifuni.
Di Sebald tutti probabilmente vi diranno di leggere Austerlitz che è forse il suo unico libro in forma di romanzo, io forse vi consiglierei di leggere Gli anelli di Saturno.
Febbraio 4th, 2022 at 05:46
Amo teneramente Annie Ernaux. Gli anni o Il posto sono dei piccoli capolavori di amore, dolcezza e dolorosa malinconia per quello che è passato e per quello che sarà.
Mi permetto di consigliare un saggio sulla contemporaneità (fu profetico) che ci potrebbe aiutare ad inquadrare meglio la scrittura di Sebald: L’altro visto da sé di Baudrillard.
Bolaño non lo ho mai letto… È giunta l’ora…