Qualche tempo fa il mio editore mi chiese una playlist delle dieci canzoni che associavo ai dieci oggetti del mio ultimo libro. Mi sembrò un’idea curiosa così come mi parve curioso e divertente che Einaudi avesse deciso di aprire un profilo su Spotify. Così queste sono le dieci canzoni che ho scelto, di ognuno vi dirò qualcosa e quel pochissimo interesserà forse alcuni di quelli che hanno letto il libro e forse anche qualcuno fra chi non lo ha letto.
1 Mappe – Il libro comincia con un ricordo: le carte stradali Michelin nell’auto di mio padre quando io e mia sorella eravamo piccoli e andavamo in vacanza sulle Dolomiti. Un ricordo di 50 anni fa accanto a una canzone dei Killers molto più recente. Come capita spesso alla band di Las Vegas la versione in studio non le rende giustizia. Questa alla Royal Albert Hall è invece semplicemente meravigliosa
2 Telefono – Il fatto è che i social network sono il nuovo telefono. E Tracey Thorn ha scritto forse la prima canzone d’amore che ne tiene conto esattamente.
Giving into temptation, not giving a damn
If I just keep refreshing, maybe you’ll disappear
If I just make you jealous, then you’ll wish you were here
Baby look at the time now, I should just go to bed,
It’s send or delete now, on all that I’ve said
I’m closing your page now, are you looking at mine
3 Penna – Un capolavoro di Boris Vian scritto a penna, tradotto da Ivano Fossati tanti anni fa.
4 Lettera – Il mio amico Enrico partì per una regata intorno al mondo. Io gli scrissi e dopo un anno quella stessa lettera mi tornò indietro piena di timbri di isole dell’Oceano Pacifico attraverso le quali lo aveva inseguito invano. Non è mai stata aperta e dovrebbe essere da qualche parte in questo studio. Anche se ora non so esattamente dove.
5 Macchina fotografica – Il capitolo sulle macchine fotografiche è in realtà il capitolo dedicato alla fotografia di Luigi Ghirri e alla sua modernità. Un po’ come mettere assieme negli anni 80 Ryuichi Sakamoto e David Sylvian. Eppure se avessi voluto dedicare un tributo a Ghirri avrei dovuto scegliere un pezzo di Bob Dylan (di cui era grandissimo fan).
# libro – A cavallo dell’elenco dei Dieci Splendidi oggetti morti ce ne è uno che resiste e che nonostante i vaticini degli ultimi anni alla fine non è morto per niente. Per celebrarlo mi sembrava giusto utilizzare la più bella cover di tutti i tempi di una canzone altrettanto bella.
6 Giornali – L’oggetto “giornale” è forse quello più definitivamente e sconsolatamente morto di tutto il libro. Nella segreta speranza di essermi sbagliato di molto. Meglio allora ricordarlo così, quando Billy Joel aveva molti capelli e fumava sul palco.
It was so easy living day by day
Out of touch with the rhythm and blues
But now I need a little give and take
The New York Times, The Daily News
7 Dischi – Mancano, nel capitolo sui dischi, le due citazioni di brani di canzoni italiane, che abbiamo tolto per ragioni di diritti. Lo ricopio qui com’era nella sua versione originale:
Verso la fine degli anni 70, dopo un periodo di grandi dissidi, si rompe il sodalizio artistico fra Lucio Dalla e il poeta Roberto Roversi, che aveva firmato i testi delle canzoni di Dalla per molti anni. Le ragioni delle reciproche incomprensioni oggi non ci riguardano. Quello che ci interessa è che a un certo punto, improvvisamente, il musicista, clarinettista, cantante, compositore che non ha praticamente mai scritto il testo di una canzone in vita sua e che non ha mai terminato le scuole superiori, deve prendere una decisione. Per qualche ragione che non sappiamo si butta, sceglie: scrive i primi veri testi di canzoni della sua carriera. Lo fa nel 1977, in un disco con una strana copertina di mare, terra e cielo.
Chi in quei giorni avesse messo per la prima volta sul piatto del giradischi quel vinile, avesse abbassato la puntina e si fosse accomodato in attesa delle prime note, avrebbe ascoltato prima una chitarra, poi un basso, poi il fischiettio di una melodia. E poi la voce di Dalla che, uscendo dal nulla, inizia a cantare le parole che lui stesso ha scritto:
Siamo noi,
siamo in tanti
ci nascondiamo di notte
per paura degli automobilisti
dei linotipisti
siamo i gatti neri,
siamo pessimisti,
siamo i cattivi pensieri.
E non abbiamo da mangiare
Tutto era nuovo, infine. Tutto era perfetto.
Qualcosa di simile accadde poco meno di un decennio dopo, sempre dalle parti della musica italiana. Lucio Battisti, orfano dei testi di Mogol, pubblica nel 1986 il primo disco della sua nuova vita artistica assieme al poeta Pasquale Panella. La canzone che apre quel disco, intitolato Don Giovanni, potrebbe essere tranquillamente la colonna sonora di questo libro e si chiama “Le cose che pensano”.
A un certo punto, dopo aver richiamato nell’incipit del brano una poesia di Giorgio Caproni, Panella declama e Battisti canta:
Son le cose
che pensano ed hanno di te
sentimento. esse t’amano e non io
come assente rimpiangono te
Son le cose prolungano te
E nel finale:
Rimpiangono te
son le cose, prolungano te
certe cose
Tutto era nuovo, infine. Tutto era perfetto.
8 I fili – Le magie della tecnologia di home recording. A un certo punto, ascoltando molto bene, sentirete il rumore della pioggia che colpisce la vetrata e un cane che abbaia. Se non lo trovate poi vi dico il minuto esatto.
9 Il silenzio –
Per questo capitolo esistava più di una scelta possibile. Avrei potuto mettere 4’33 di John Cage di cui si parla a un certo punto
ma ho preferito la parte IIA del Concerto di Colonia di Keith Jarrett che è un brano che amo da sempre e che ha una storia interessante dietro con cui si chiude il capitolo.
10 Il cielo – Se non poteva essere un quadro della serie “Le stelle cadenti” di Anselm Kiefer
che almeno fosse una canzona da Hounds of love, il capolavoro di Kate Bush.
Dicembre 18th, 2020 at 18:44
In piena facoltà, egregio Mantellini, apprezzo, oltre quello che scrive, anche quello che ascolta.
Dicembre 25th, 2020 at 11:18
Per 9/10 le scelte sono ben motivate e condivisibili. Io continuo a non sopportare Battisti. Problema mio, lo capisco.