Ricopio qui un lungo post di Fabio Chiusi su FB. Lo faccio per due ragioni. Perché è un tema molto importante (e Fabio è una persona che stimo in grado di svolgerlo assai bene) e perché su alcune cose non sono d’accordo e se vi andrà le potrete leggere in fondo.

Ieri sera vedo apparire sul feed un post di Di Battista, in cui semplicemente condivide la sua ospitata a Otto e mezzo. Non avendolo visto, ma avendo letto le reazioni della mia “bolla” di contatti, cerco di capire come hanno i reagito i fan, invece, leggendo i commenti.

Quel che ne esce è un florilegio di insulti sessisti, violenza verbale, auspici di morte e ogni altro genere di barbarie verso Lilli Gruber. Odio cieco, penoso, che fa pensare che il dibattito democratico e lo spirito di queste persone abitino su pianeti in universi paralleli.

Di Battista, o chi per lui, non modera nulla: gli insulti restano tutti lì. Ma se la sono inventata i fan, la retorica dell’insulto generalizzato a chiunque scriva cose che non vanno a genio? Per nulla, lo sappiamo: perfino la Columbia Journalism Review ha steso un lungo catalogo di orrori anti-giornalisti del M5S, nei giorni scorsi.

Mi chiedo: ma tutto questo è normale, in democrazia?

Poi mi fermo un attimo a pensare a cosa ho letto nel corso della giornata. Il ministro dell’Interno che vomita odio e insulti alternandoli a cuoricini, “amici” e altra paccottiglia identitaria di destra rivestita di viralità innocua: un post per scatenare il branco contro una “maledetta ladra” che andrebbe “messa in condizione di non avere più figli”; un altro per intimare la rimozione degli incarichi pubblici a un intellettuale che osa criticare due autori che invece a lui piacciono (Zeffirelli e Fallaci); uno per deridere “don Barcone”; un altro ancora per ri-aizzare le belve da tastiera contro “due senegalesi” definiti “DELINQUENTI” in caps lock.

Il tutto mentre, al solito, applica la sua indignazione in modo selettivo: quando a picchiare sono i fascisti, si condannano “tutte le violenze allo stesso modo”, dimenticando — sbadato! — di condannare le violenze fasciste *in quanto tali*; esercizio che invece gli riesce benissimo quando mette tutte le critiche da sinistra nello stesso calderone di violenza da centro sociale (anche qui, caricaturale, vergognoso), trasformando ogni critico in una sorta di subumano da deridere, punire, massacrare in pubblico nell’arena in tempo reale dei social media.

E di nuovo mi chiedo: tutto questo è normale? Si può ancora parlare di un contesto propriamente democratico, o questo governo sta riuscendo — pur fallendo su quasi tutto il resto — in un obiettivo anche più fondamentale, cioè portare l’Italia alla pari con le democrazia illiberali (dalla Russia all’Ungheria)?

Per rispondere, mi appunto una cosa, da tenere a mente. Che tutto questo odio, tutta questa barbarie, non vengono spontaneamente dal basso: sono creati ad arte dall’alto. Non per colpa di anonimi utenti sui social, ma per colpa di leader politici riconosciuti che occupano in alcuni casi le massime cariche istituzionali.

Da cui un’ultima domanda, che ho già fatto ma ripongo: è normale che i social media si facciano veicolo di tutto questo?

A che serve moderare, riscrivere le regole, sviluppare soluzioni tecnologiche per contrastare l’odio tra comuni utenti, quando invece — per un qualche presunto diritto di cronaca e visibilità — super-influencer come le autorità istituzionali e politiche hanno il lasciapassare di default per ogni incitazione a odiare?

Scrivo questo, e mi sovviene l’America di Trump, la sua regressione senza fine, che costringe addirittura il Wall Street Journal a pubblicare, proprio oggi, un commento del CEO del rivale New York Times: quando il presidente non si accontenta più nemmeno di chiamare i giornalisti “nemici del popolo”, come uno Stalin qualunque, portando 44 attacchi ai media in genere in 18 giorni (almeno uno ogni singolo giorno di giugno), e spingendosi fino a definire il Times “traditore”, allora si comprende che la normalità democratica non sta più di casa nemmeno lì.

Che a nessuno, dico nessuno, sia venuto in mente che Salvini avrebbe dovuto, da rappresentante di un paese democratico, rimproverare tutto questo al vice di Trump nella sua ultima visita — come si riservava una volta ai dittatori — fa capire la gravità della situazione in cui ci troviamo.

Ma loro continuano a insultare, e accaparrare consensi; i social a fare contatti ed engagement. E noi, a litigare e dividerci, aizzati come cani di Pavlov al riflesso condizionato del vaffanculo reciproco.

Cari gestori dei social media, cominciamo a usare il pugno di ferro anche — soprattutto — contro quest’odio antidemocratico, che viene dall’alto?


Parto dal fondo: no, le piattaforme – secondo me – non sono e non dovrebbero essere i guardiani della democrazia. Le piattaforme social sono – con alcune eccezioni estreme – la fotografia dell’esistente. Sono il luogo contemporaneo del pensiero condiviso.
Se questo è davvero l’esistente (ma non ne sarei sicuro) allora – per rispondere alla domanda di Fabio – è normale che i social siano oggi il veicolo dell’odio online. Deprimente ma normale. Evitare tutto questo spetta ai cittadini.

Sottoscrivo invece interamente e anzi voglio sottolineare meglio l’analisi di Chiusi sulla manutenzione dell’odio online. Sull’utilizzo tecnico che ne viene fatto dalla politica, in particolare dalla Lega di Salvini ma anche storicamente dal M5S di Beppe Grillo. Proprio per questo è del tutto inutile immaginare buone pratiche di moderazioni dei commenti sui profili social di Di Battista o Salvini stesso. I commenti astiosi che contengono, rivolti ai loro interlocutori o ai loro bersagli, sono parte di questa manutenzione, sono elemento costruttivo dell’identità contro che è possibile imbastire negli ambiti digitali.

Tre punti sintetici per finire.

1) Non c’è dubbio che gli ambienti digitali abbiano in questo momento un ruolo tossico nella costruzione del consenso politico. Tuttavia non possiamo immaginare una soluzione che provenga dalle piattaforme e tanto meno dal politico che ne fa un uso tanto cinico.

2) Dimentichiamo spesso che il clima complessivo che leggiamo in rete è un clima per definizione imperfetto. I cretini che offendono Gruber nei commenti del profilo Facebook di Di Battista o i fan del Capitano su Twitter che vorrebbero andare ad affondare le navi delle ONG non sono il mondo ma una sua rappresentazione macchiettistica e per grandissime linee.

3) Conta la testa delle persone. La capacità che avranno di adattarsi alle complessità digitali. Conterà da parte della politica la costruzione di un linguaggio alternativo a quello facile e maneggevole dell’odio verso gli altri. Servirà insomma una nuova politica con nuove parole, dedicate a chi saprà ascoltarle. Certo, siamo nei guai. Certo non abbiamo alternative. Certo questa nuova politica da noi ancora non c’è.


24 commenti a “Le radici dell’odio e la sua manutenzione”

  1. Massimo Morelli dice:

    “Conta la testa delle persone.”: Ok. Siamo fottuti.

  2. Emanuele (l'altro) dice:

    C’è una considerazione da fare: quando hai un esercito regolare il gruppo terroristico non ti serve.
    Tradotto per la politica italiana: quando hai le redini dei media che contano e il potere in mano vomitare odio sui social non serve. Infatti finché i fanboy della sinistra avevano il governo di sinistra e le redini di Rai e giornaloni erano molto meno, come dire, incazzati di adesso.
    Gli è bastato perdere il governo per scendere al livello di chi poi condannano come violento fascista. Basta leggere i commenti a qualche tweet di noti intellettuali progressisti (o pseudo tali) per vedere un campionario di insulti e minacce contro il governo attuale che lascia ben poco all’immaginazione. Più la solita sfilza di dichiarazioni di superiorità intellettuale, ovviamente, trattandosi di gente di sinistra.
    Poi ti diranno anche che la Rai è oggi schierata con i fascisti quando in realtà non ho mai visto, dai tempi della prima repubblica almeno, una rai così poco governativa, sia in tv che in radio.
    I giornaloni naturalmente restano schierati dov’erano.
    E quando qualcuno scrive il lenzuolo per spiegare cosa non va nel mondo sono tre le cose che non mancano mai: il richiamo al fascismo, la voglia di censura (che nelle sue punte più alte si spinge a voler vietate il voto a chi non è degno) e la totale assenza di analisi critica sui propri errori e sui motivi per cui oggi un sacco di gente non intende seguire più l’ortodossia progressista.

  3. massimo mantellini dice:

    @momo esattamente come prima ;)

  4. andy61 dice:

    Non stiamo sovrastimando l’impatto dei social ? Non stiamo forse dando troppo risalto ad un fenomeno in maniera autoreferenziale ?
    Io ho amici che sparano cavolate a tutto spiano su FB ma sono le stesse cavolate che sparavano 30 anni fa quando si parlava a cena.
    Forse certi fenomeni ci sembrano grandi anche perché li guardiamo con la lente di ingrandimento dei social.

  5. Furio dice:

    Normalmente sarei contrario a questi linguaggi e a questo clima di odio palese. Ma certa parte minoritaria ma vociante della popolazione si è spinta troppo in là e merita una raddrizzata. Averci seriamente e di fatto portato in casa più di mezzo milione di sconosciuti africani che attualmente brancolano sul nostro territorio facendo il cazo che vogliono e ricevendo lauti appannaggi con i soldi delle nostre tasse è un atto ostile gravissimo. Ci mancherebbe solo che finisca tutto a tarallucci e vino. No, cari giornalisti illuminati e cari seguaci dell’eresiarca argentino. Un gran paio di palle!, per dirla come il Montale. Gli errori si pagano e gli errori gravi si pagano gravemente.
    Serve un fuoco di fila impressionante. Questi malati di mente non devono permettersi mai più anche solo di pensare nuovamente a un’accoglienza di massa. Non permettetevi mai più, che la prossima volta finisce molto male.
    Ben vengano un po’ di insulti. Sta gentaglia che vuole rendere il nostro già problematico Paese un inferno iperviolento va ricacciata nelle fogne.

  6. Furio dice:

    P.S.
    E cmq meglio assomigliare all’HUN e alla RUS che a posticini come la Nigeria o il Congo, Paesi avanzati e pacifici da cui provengono i lord sui barconi. E voi, caro Mantellini, postulando l’accoglienza di milioni di persone da questi Paesi altro non volete che renderci sempre più simili a questi Paesi. I fatti non mentono: i Paesi sono frutto dei comportamenti dei propri abitanti, prendendosi milioni di nigeriani si diventa come la Nigeria, non c’è molto a discutere su questo.
    Perchè ci vuole simili alla Nigeria, illuminato editorialista dal cuore d’oro? C’è qualche motivo particolare o è solo furore ideologico, messianesimo cieco?

  7. umberto dice:

    Giusto per charire, Montanari non ha espresso un’opinione scientifica ma ha pesantermente insultato Zeffirelli , la Fallaci e tutti i cittadini di Firenze che a migliaia sono accorsi a rendere omaggio al Maestro. Questo lo rende molto simile a Salvini se non altro nel modo di fare e di esprimersi (Zeffirelli è stato insultato il giorno dopo la sua morte, che razza di uomo fa una cosa simile?).
    Tra l’altro non ha nemmeno incarichi pubblici quindi non vedo come se ne possa chiedere la rimozione.

  8. andy61 dice:

    P.S.
    uno che definisce ma parole di Montanari “critiche”, o sta vivendo un momento di fortissima confusione o è ignobilmente in malafede.

  9. Emanuele (l'altro) dice:

    “un intellettuale che osa criticare due autori”

    Beh, in effetti resta da capire se può scrivere quello che ha scritto senza scandalizzare l’autore del pezzo perché sarebbe un intellettuale o perché si professa “antifascista sempre” o perché gli ha risposto Salvini e questo per certa gente è un titolo di merito che ti porta automaticamente nel giusto.
    Ma ho la strana sensazione che se quelle parole le avesse scritte uno qualunque su un social media (unico palcoscenico che ha chi non può permettersi le citazioni giornalistiche) contro un regista idolo degli intellò e gli avesse risposto un ministro PD le reazioni sarebbero state ben diverse.

  10. Erasmo dice:

    Ai tempi di Berlusconi c’era la “teledipendenza”. Adesso c’è l’odio sui social. Io sono un sempliciotto, e resto fermo alla storia del pastorello che gridava al lupo. Ragazzi, è un quarto di secolo che fate questo scherzo, e vi meravigliare se la gente non crede più all’arrivo del lupo?
    In tutta umiltà, suggerisco una ricetta. Ogni sera, prima di coricarvi, ripetete: democrazia non è quando vinciamo noi buoni, democrazia è quando chi prende più voti governa.

  11. massimo mantellini dice:

    @furio è l’ultima volta che accetto senza cancellarle le tue solite e ripetuta sparate contro i migranti e “gli africani ”concetti che hai ripetuto spesso nei commenti di questo blog anche quando si parla d’altro.

  12. Furio dice:

    Va bene va bene. Il blog è suo e comanda lei. Però le chiedo: se qualcuno dovesse fare un’analisi sociologica o perfino psicologica (la psicologia di massa è disciplina aleatoria ma tant’è) sul diffondersi di quest’odio e sull’imbarbarimento del linguaggio in questi ultimi anni e non citasse i favolosi anni dei 500 sbarcati al giorno….la riterrebbe un’analisi completa?
    Piaccia o non piaccia quello è un evento che ha colpito molto la popolazione, e i cui strascichi ce li porteremo dietro ancora alungo. Questo lo so io e lo sa anche lei.
    Mi taccio cmq.

  13. Pierluigi Rossi dice:

    Il tema della sicurezza, si sa, storicamente, non è mai stato di sinistra, ma oggi, mi sembra, non può continuare a essere così – per una sinistra di governo, almeno, e senza più ambizioni rivoluzionarie. Oggi, insomma, anche la sinistra dovrebbe ammettere che la sicurezza, in Italia, è un tema realissimo e cruciale. Certo, bisognoso di un aggettivo: “sociale”. Questo significherebbe, innanzitutto, inquadrare altrimenti temi classici che stanno oggi più che mai al primo posto nell’agenda politica: lavoro, istruzione, diritti, welfare, etc. Secondariamente, significherebbe restituire la giusta importanza (non solo giudiziaria, cioè) al problema dei flussi migratori, che solo i mentecatti possono pensare di fermare (l’uomo è un animale migratore), anziché studiare e governare.

  14. Emanuele (l'altro) dice:

    Qualcuno comincia a capirlo. Guarda la sinistra in Danimarca cosa ha dovuto accettare nel campo dell’immigrazione per tornare a governare.

  15. Pierluigi Rossi dice:

    PS: in Italia, il problema dell’immigrazione è niente rispetto a quello della disoccupazione.

  16. Emanuele (l'altro) dice:

    Salvo che i governi precedenti non hanno risolto il problema della disoccupazione e hanno aggravato quello dell’immigrazione. E i due problemi non sono separati, la “guerra tra poveri” non è solo uno slogan.

  17. Pierluigi Rossi dice:

    Caro emanuelel’altro, se mi stai dicendo che i precedenti governi hanno fallito, la mia risposta (leggi bene) è: SÌ.

  18. Annamaria dice:

    Mi scusi Mantellini, ma i commenti suscitati da un suo recente tweet su Di Battista (tweet su cui personalmente non ho nulla da osservare) mi sono sembrati qualcosa che se non è odio gli assomiglia moltissimo. Con l’aggravante di una immensa e compiaciuta spocchia.
    Poi per carità, lei avrà anche moderato qualcosa, ma quello che si legge è roba davvero poco edificante.
    E tuttavia non mi sognerei mai di addebitare a lei quei toni e quel brutto ribollire.

  19. Alessandro dice:

    “…e ricevendo lauti appannaggi…”.
    Minchia.

  20. massimo mantellini dice:

    @annamaria come forse sa su Twitter (a differenza di FB) l’unica forma di manutenzione dei commenti al proprio post è quello di scegliere di non vederli o bloccarli. Gli altri continueranno a vederli.

  21. Annamaria dice:

    Ok, Mantellini. Su Twitter e FB i commenti non sono gestiti tecnologicamente allo stesso modo. Ma il discorso di Chiusi ha ben altro e più ampio respiro.

    Quando Chiusi scrive:”è normale che i social media[“I” social media] si facciano veicolo di tutto questo?” è chiaro che pone un problema di evidente carattere politico, non tecnologico; e quando aggiunge “Che tutto questo odio, tutta questa barbarie, non vengono spontaneamente dal basso: sono creati ad arte dall’alto”, io mi chiedo di ‘quale’ odio, di ‘quale’ barbarie, di ‘quale’ alto si stia parlando: forse esistono un odio, una barbarie-tipo quelli da me citati, ma era ovviamente solo un esempio-e ‘un alto’ perbene e un odio, una barbarie e ‘un alto’ per male?

    Il dubbio che questa stimolante pagina mi suscita è tutto qui.
    Per me non è un dubbio da poco.

  22. Narno dice:

    @Furio
    Ci ho pensato su, e mi innervosisce la sua ripetuta minaccia che «la prossima volta finisce molto male».
    Se pensa a una guerra civile, non ha che da armarsi, con i suoi sodali, e aprire le ostilità: la prospettiva di rompervi le ossa un’altra volta come nel 1945, e soprattutto di costringervi al mutismo per altri quarant’anni, mi inducono a correre il rischio della sconfitta. Già una volta «una parte minoritaria ma vociante della popolazione» ha salvato la vita di molti e la dignità del paese.

  23. Furio dice:

    @Narnia
    Ascolti, se la cosa le dà fasitdio io francamente non so che farle. Non c’è bisogno di nessuna guerra civile, cosa che cmq avrebbe buone probabilità di verificarsi se occorressero un paio di lustri di governi favorevoli all’immigrazione di massa. Basterebbe il voto. Già poche centinaia di migliaia di arrivi incontrollati hanno prodotto Salvini padrone. Non c’è alcuna legge fisica, mi pare, che impedirebbe l’avvento di una compagine di governo in cui la lega è l’ala moderata, le pare? lasci perdere vaneggiamenti, nisurazioni di peni, riferimenti al secolo scorso fatti gonfiando il petto. prima cosa lei non rompe le ossa a nessuno, figuriamoci. Al massimo si fa limare gli elementi della protesi dentale per avere un aspetto più aggressivo. Brrr! Secondariamente la maggior parte degli italiani ne ha le palle piene degli arrivi indiscriminati. Di chiuqnue, ma degli africani nei barconi in particolare. Ci stia. Se proprio vuole vivere in una nazione africana, non ha che da trasferirsi in Africa. O in Francia tra un decennio. Stia molto bene e si faccia una bella tisana. Ho sentito che le tisane al finocchio fanno miracoli.

  24. Narno dice:

    @Furio
    Fin qui, un gran blah blah blah passivo-aggressivo è tutto ciò di cui lei è capace. Io parlo alla prima singolare, lei pretende di parlare per i più. Mi basta questo per stabilire chi gonfia il petto.