Dopo Fabio Chiusi, che ha annunciato qualche tempo fa di aver abbandonato l’attività giornalistica per andare a fare l’assistente parlamentare, ieri Carola Frediani, senza ombra di dubbi la più talentuosa ed esperta giornalista italiana sui temi dell’hacking e della sicurezza informatica, ha scritto sulla sua pagina Facebook che abbandona il giornalismo per andare a lavorare in un’azienda privata. Fabio e Carola hanno due caratteristiche che li accomunano. Sono due giornalisti di grande competenza e talento e sono due giornalisti che si sono fatti le ossa e sono cresciuti nell’ultimo decennio, dentro il disastro della professione in Italia. Si occupano inoltre, e anche questo immagino abbia un peso, di temi fondamentali e contemporanei legati al digitale: argomenti che sono diffusamente percepiti dai media come esotici e sostanzialmente irrilevanti. Sono stati insomma le persone sbagliate, nel posto sbagliato al momento sbagliato. Storie simili, forse meno fragorose ma sostanzialmente analoghe, riempiono la cronaca sotterranea del giornalismo italiano di questi anni: per i migliori non c’è posto, nessuno che abbia la forza o la capacità di valorizzarne i talenti per il bene di tutti. Resta quello che c’era prima, ad occuparsi dei temi che c’erano prima, con la verve, la voglia di fare, il talento e l’elasticità di vecchi pensionati. Che è poi un ritratto abbastanza preciso del giornalismo in Italia oggi.


8 commenti a “Fabio e Carola: se i migliori se ne vanno”

  1. Fiorella dice:

    Non più di un quarto d’ora fa leggevo su FB che Marina Petrillo ha preso la stessa decisione.

  2. egidio scrimieri dice:

    Caro Mantellini, non ho motivi per mettere in dubbio le ottime referenze di Fabio e Carola (anche perché’ non ho la più’ pallida idea di chi siano); quello che non mi e’ chiaro e’ perché’, invece di rallegrarsi che Fabio e Carola abbiano trovato -mi par di capire- un buon lavoro, lei tragga da questo un motivo per deprecare temi, esperienza e talenti del collaudato giornalismo della generazione precedente. Voglio dire: come collega lei le due circostanze (semplifico) “i giovani Fabio e Carola hanno trovato di meglio da fare” e “i vecchi Mieli e Angela sono da buttar via”?

  3. Massimo dice:

    Semplice: hanno trovato di meglio da fare probabilmente anche perché quello che facevano prima, ovvero i giornalisti “giovani” (se under-40 sei giovanissimo in Italia) era pagato poco, male, saltuariamente etc.

  4. Fabio dice:

    Come lettore seguo Carola da tanto tempo, appena letto il post su FB feci le medesime riflessioni e seppure in maniera sintetica lo scrissi. Il passaggio ad altri lavori – io dico purtroppo – sta coinvolgendo tanti professionisti. Troppi se paragonati in funzione alle capacità. Anche il sottoscritto è stato più o meno obbligato a cambiare (non mi voglio assolutamente paragonare a Carola e a Fabio sia chiaro). Quali i motivi di questa migrazione forzata? Credo che sia abbastanza palese come il lavoro intellettuale – a prescindere dalla qualità – abbia perso gran parte del valore che aveva un tempo. Le tecnologie digitali hanno fatto la prova sulla pelle di giornalisti e affini delle conseguenze sociali dell’evo high tech. Banalmente e per non uscire dal perimetro della professione, un pezzo oggi potenzialmente viene pagato poco, non si campa. Dieci anni fa scrissi che fare il giornalista sarà un hobby, ovviamente limitato a chi può permetterselo. Era una provocazione. Forse. Certo poi si può dire che è tutto sbagliato che gli editori andranno a sbattere contro il muro. Sarà, ma questa litania la leggo da circa 20 anni.

  5. Stegosandro dice:

    O forse, più semplicemente, invece che cercare quel posto fisso che è ormai uno scarto da rottamare di un passato più fallimentare che altro, i bravi Chiusi e Frediani hanno scelto di misurarsi con altri orizzonti, altre sfide, altre prospettive. Bravi loro a incarnare la flessibilità, caratteristica ormai imprescindibile per stare a galla nel mondo globalizzato in perenne cambiamento.

  6. Franco Lanza dice:

    Direi che non e’ un ritratto del solo giornalismo italiano, ma dell’italia tutta.

  7. pino josi dice:

    un pubblicisra nn dece stare tutto il giorno in redazione, ben venga che abbiano trovato una buona e duversa firma di sussistenza… un editoriale poi qualcuno glielo pubblicherà.

  8. Erasmo dice:

    Mi riesce difficile capire perché la professione di giornalista debba essere considerata superiore alle altre, per cui se un giornalista cambia mestiere la società intera ne risulterebbe depauperata. Sarà vero per i due casi citati da Mantellini, ma in molti altri casi non si dovrebbe temere alcun danno (il pensiero corre, irresistibilmente, alla RAI).