C’è un aspetto interessante e tutto sommato poco indagato nella polemica scatenata in rete da questa Amaca di Michele Serra. Perché oltre alle dinamiche solite che osserviamo ogni volta emerge un nuovo canone: quello dell’imperfezione di qualsiasi punto di vista.

L’imperfezione, la sua sottolineatura, sono una nuova variabile legata ai contesti digitali che prende forma sotto i nostri occhi. Non che prima non esistesse, ovviamente, tutto quello che siamo e facciamo mediamente esisteva anche prima di Internet, ma tutto era meno visibile, spesso nemmeno ce ne accorgevamo. Ogni punto di vista è a suo modo imperfetto ma lo diventa in maniera palese nel momento in cui tutti lo possono commentare, dentro strutture comunicative sufficientemente potenti. L’imperfezione rende l’intellettuale più debole, talvolta arriva a sfilargli il palco da sotto i piedi, probabilmente lo maldispone nei confronti di qualsiasi confronto. Ma è un valore a cui non dovremmo rinunciare.

Per quello che vale (pochissimo in effetti) io credo che la generalizzazione di Serra sui differenti contesti sociali che possiamo trovare nelle scuole dei nostri figli sia un punto di vista difficilmente discutibile, fa parte della mia esperienza di genitore, l’ho vissuto direttamente: tuttavia perfino il mio parere, come quello di molti altri, è sottoposto alla medesima imperfezione. In ogni caso ogni posizione contraria, minoritaria o meno, è utile a creare una nuova ricchezza per tutti, allarga la visuale, un lusso che solo i contesti digitali possono fornirci. Così dove tu vedrai una stressante polarizzazione io osserverò la ghirlanda brillante di punti di vista differenti che si sommano.

Per questo una volta quotato Serra qui sopra ora aggiungo qui sotto il punto di vista di manginobrioches.



ps. Serra ha poi replicato a sua volta alle molte contestazioni qui.

3 commenti a “Michele Serra e l’imperfezione”

  1. manginobrioches dice:

    Egregio Mantellini, penso che – nello spirito dell’eterna ghirlanda brillante – io e Serra diciamo la stessa cosa e contemporaneamente una cosa completamente diversa. Ovvero che le disuguaglianze esistono (e ci mancherebbe che qualcuno le negasse), ma che la subalternità culturale NON E’ PIU’ direttamente, geometricamente dipendente dalla subalternità economica e quindi sociale: l’inganno, l’inghippo vero dei nostri tempi è questo. Che la sottocultura di cui quel bullismo, quell’aggressività, quella “mancanza di modi” e di controllo di cui parla Serra sono prodotti è trasversale, non sovrapponibile alla mappa della subalternità economica e sociale, alla mappa della povertà. Le povertà sono diverse, oggi, e alcune toccano anche ai ricchi: quelle povertà che chiamiamo con altri nomi, ma sono povertà culturali, talora irrimediabili.
    In tutto questo, la sinistra ha fallito due volte la sua missione: non ha eliminato per nulla le diseguaglianze economiche, che anzi si sono fatte ancora più estreme, e ha in qualche modo permesso (quando non ha attivamente colluso) che si disperdesse un patrimonio di consapevolezza, di resistenza, di tensione alla conoscenza e che tutto questo venisse scambiato – e questo è il paradosso – per “snobismo di classe”. Abbiamo tutti ragione, e tutti torto.

  2. spiritum dice:

    “Così dove tu vedrai una stressante polarizzazione io osserverò la ghirlanda brillante di punti di vista differenti che si sommano” è una sintesi bellissima.
    Serra ha detto quello che pensano tantissimi che hanno avuto a che fare con i figli alle superiori o con i ragazzi che frequentano le scuole del tema. È sicuramente una generalizzazione ma non mi straccerei le vesti per la storia del classismo, mi fa molto più male vedere portato a bandiera l’orgoglio per la propria grassa ignoranza e maleducazione.

  3. Filippo Facci dice:

    Neoproletariato non di ritorno, secondo me. Nel senso che è un proletariato esteso (ci siamo dentro tutti) ma di un genere mai esistito prima. Sarà definitivamente compiuto quando noi vecchi smetteremo di fare paralleli col passato, e i più giovani avranno il riflesso di credere che il mondo sia più o meno sempre stato così.