Ieri pomeriggio (e un po’ anche oggi) il sito web de El Pais ha scelto di pubblicare foto e video molto crudi degli attentati di Barcellona. Si vedono i morti, i feriti, i corpi senza vita di bambini e adolescenti, gli arti deformati dalle fratture. Serve? È sbagliato? Non so. È una scelta. Una scelta che personalmente non condivido e che quasi nessun sito editoriale di qualità in Europa ha fatto ma è una scelta che rispetto anche se non mi piace. E questo accade per una semplice ragione: perché il sito web di El Pais è un sito web editoriale serio. È un sito giornalistico, nel senso più ampio del termine.

Nelle stesse ore il sito web del Corriere della Sera e quello de La Stampa hanno pubblicato le medesime immagini crude e drammatiche. C’era da aspettarselo del resto. Quelle stesse scene che Guardian, Le Monde, NYT e molti altro hanno visto e scartato erano in bella mostra su un paio dei più importanti siti web editoriali italiani. Succede così ogni volta.
In questo caso – specie nel caso del Corriere – mi spiace, il beneficio di inventario è molto pià difficile da concedere. Quel sito web, a differenza dell’austero quotidiano cartaceo che porta lo stesso nome, è ormai da tempo un serbatoio di stupidaggini acchiappaclick e di pornografia dell’orrore pronto uso. Tutti lo sanno. Ricopio qui alcuni titoli tratti dalla versione online in questo momento:


L’uomo che vive sui tacchi a spillo: «Sono etero. La mia fidanzata? Accetta» Foto

Federica Pellegrini, dopo l’addio a Magnini è amore con Gabriele Detti? Foto

«Abusata a 16 anni, ora riscopro la mia vita sessuale» I vostri racconti su WhatsApp

Leonessa si tuffa tra le braccia dello zoologo: il video è spettacolare

Sabrina Ferilli sirenetta ad Amalfi: bikini mozzafiato per l’attrice romana Foto

Elisabetta Canalis e la sua estate perfetta tra kick boxing e famiglia Video

Sirenetta in costume intero (a 52 anni): l’estate social di Simona Ventura foto

Pavel, il Gianluca Vacchi polacco: (ha speso tutto per sembrare più vecchio) foto


Dentro un simile diluvio di stupidaggini attiragonzi qualsiasi valutazione sulle scelte giornalistiche di pubblicare o meno quelle immagini orribili svanisce. La discussione sul dovere-diritto di cronaca va lasciata a chi fa il giornalista sul serio. Ovviamente non è questo il caso.

4 commenti a “L’orrore e il giornalismo”

  1. alessandro dice:

    repubblica.it non va molto meglio

  2. Paolo Bonavia dice:

    Abbiamo dovuto vedere e rivedere la foto del bambino sulla spiaggia. Forse anche l’immagine di un bambino investito da un furgone può raccontare qualcosa. Io non so giudicare. Mi dispiace.

  3. Shylock dice:

    Le stesse immagini pubblicate da un sito ‘di qualità’ hanno un valore informativo, se pubblicate su un altro sito sono ‘pornografia dell’orrore’.
    Come a dire che chi scarica materiale pedopornografico su un iPad, sicuramente l’ha fatto per il valore estetico, non è un porco come il suo vicino che ha un tablet preso al discount.
    L’etica subordinata al brand, insomma.

  4. Paolo Bertolo dice:

    Il nulla assoluto in cui sono precipitati siti spazzatura un tempo (se c’è mai stato questo tempo) espressione editoriale sul web di autorevoli ed austere testate cartacee lascia senza fiato.
    Lo profonda separazione di contenuti che intercorre tra il Corriere o la Repubblica cartacea e la corrispettiva versione digitale, lascia intendere che le testate siano solo delle “franchigie”, che la selezione dei contenuti seguano logiche editoriali totalmente indipendenti.
    Quando e in che misura questa frattura si sia manifestata in maniera irreversibile non lo ricordo, ma suppongo non appena si sia posto l’eterno dilemma di far quadrare i conti, di pagare gli stipendi.
    Ci dobbiamo sorbire il gianlucavacchismo perché questo piace alla maggioranza e questo la maggioranza vuole o ci dobbiamo sorbire le sue grottesche esibizioni in mutande perché questo solo si può permettere un sito che vive di pubblicità “per click”, una volta pagati i costi di produzione dei contenuti “seri”?
    Il parallelo con l’avvento della televisione commerciale agli inizi degli anni 80 è pressoché totale. Veline, gabibbi, iene e ciarpame assortito sono state il prezzo da pagare per vedere il film o la partita “gratis”.
    La televisione (come medium, oggetto fisico) si sta ora reinventando lasciandosi alle spalle i suoi paradigmi più imbarazzanti proprio grazie ad internet (YouTube, Netflix etc), mentre ad oggi la carta stampata (almeno quella italiana) si è trovata completamente impreparata di fronte a questi cambiamenti, abdicando la missione di produttore responsabile ed autorevole di contenuti e conformandosi all’effimero modello acchiappa click.
    La stessa impaginazione dei siti ti lancia subito il chiaro messaggio che, chiuso il banner tra 15 secondi, fatto click sulla crocetta in alto a destra che quasi sempre ti si apre un’altra pagina perché hai mancato il target di due pixel, sarai finalmente atterrato su un sito sul quale spendere da uno a tre minuti di cazzeggio, tra Nina Moric e i calciatori invecchiati. Lasciarsi tutto questo alle spalle e rinascere da queste ceneri sarà difficile, temo.