Dietro la scelta di un giovane italiano che lascia il suo Paese per trasferirsi altrove ci possono essere motivazioni differenti. Sono però quasi sempre motivazioni positive. Magari a volte ingenue o implausibili ma lo stesso positive. Si tratta inoltre di scelte spesso, almeno in parte, dolorose. Dolorose e anche – aggiungerei – inconsuete, nel Paese delle famiglie iperavvolgenti e dei bamboccioni accuditi fin oltre i trentanni da madri e padri premurosi.

Per questo sarebbe necessario andarci cauti quando si parla pubblicamente di un simile argomento, specie quando si è nelle proprie funzioni di Ministro del Lavoro. Che è, allo stato, il Ministro che tecnicamente rappresenta il fallimento verso questi giovani, in partenza o già lontani.

Certo – è vero – non c’è bisogno di un ragionamento di Poletti, è la statistica che ci dice che una quota di giovani italiani che vanno all’estero sarà composta da “pistola” e che sarà buona cosa non “averceli tra i piedi”. Anche se, per ordini di grandezza differenti lo stesso si potrebbe dire di quelli che sono restati e perfino, sia mai, di chi per curiose casualità diventa Ministro della Repubblica. A me – per dire – di Ministri pistola in questi anni mi è parso di averne visti sfrecciare parecchi.

Non voglio esercitarmi in spiacevoli giri di parole, non ho alcun elemento per pensare che Poletti sia un “pistola”, non lo conosco: anche se devo ammettere che qualche sospetto qua e là il Ministro me lo ha fatto venire. Ma non è questo il punto, chisseneimporta di Poletti: il punto è che uno Stato che nei confronti dei giovani è da anni largamente insolvente non ha alcun diritto di esprimere reprimende sulla fuga dei cervelli, non ha ragioni per esibirsi in tautologie da 4 soldi (fra chi resta ci sono giovani bravissimi) ma ha una sola cosa da fare: provare a metterci una pezza.

Molti ragazzi lasciano l’Italia perché non hanno prospettive di lavoro e questo è un problema di politica economica generale. Vanno a fare i commessi o i camerieri nelle grandi città d’europa e nel mondo, non c’è da vantarsi né da vergognarsene.

Molti ragazzi vanno all’estero ad affinare e a mettere a frutto il proprio talento: non sono necessariamente i migliori ma sono certamente i più coraggiosi e molto spesso (non sempre) i meno protetti. Non i figli di papà che il genitore parcheggia ad Oxford ma quelli che a un certo punto comprendono di non avere alternative, che per loro non ci sarà spazio dentro le maglie strettissime di una università con pochi soldi, con pochissime energie e dentro la quale ancora oggi, come altrove, relazioni e nepotismi valgono infinitamente più del talento e della voglia di fare.

Negare o ignorare tutto questo è possibile solo dentro un ciclopico provincialismo o – ma questo non lo voglio credere – dentro una sostanziale malafede.

Ma al di là dell’uscita sfortunata del Ministro Poletti della quale si è rapidamente scusato, forse proprio Poletti, con la sua storia e la sua biografia potrebbe essere un esempio utile a comprendere le ragioni della fuga di alcune delle nostre migliori menti verso luoghi nei quali qualcuno sappia riconoscere il talento e le capacità acquisite. Sono quelle cose curiose che talvolta accadono: guardi la biografia di un Ministro su Wikipedia e tutto improvvisamente si incastra alla perfezione.

17 commenti a “Per una fuga dei Poletti”

  1. Emanuele dice:

    “provare a metterci una pezza.”

    Durante un colloquio con i giornalisti a Fano?

  2. Cesare Rinaldi dice:

    Gli italiani fuggono all’estero per vedere riconosciuto il loro talento, per non essere mortificati da paghe che ti mettono a disagio quando ti viene chiesto quanto guadagni. Gli italiani fuggono all’estero per provare a immaginare un futuro e, molto spesso, solo dopo averlo cercato invano nel loro paese. Gli italiani fuggono all’estero perché si vergognano dei politici che li rappresentano.

  3. Luigi Castaldi dice:

    “Implausibile” vuole la “m”.

  4. massimo mantellini dice:

    @luigi grazie!

  5. DinoSani dice:

    “Una sostanziale malafede”… una parte di te,ti racconta le verità che l’altra parte si rifiuta di ammettere…
    Credo che questa “sostanziale malafede” sia il danno principale che ha prodotto il renzismo, in perfetta linea di continuità con il craxismo e il berlusconismo…
    Questo personaggio, la cui faccia venne immortalata in quella incredibile foto nella cena vicino a Carminati, uno dei principali promoter di mafia capitale, è tra coloro che hanno trasformato un bene sociale come le cooperative in un apparato di partito e, anzi, di corrente di partito.

  6. annamaria dice:

    Che faccia ha Giuliano Poletti?

  7. alessandro dice:

    vabbe classico “sistema sinistra”
    oooh

  8. Emanuele (l'altro) dice:

    I giovani di talento che emigrano sono i più coraggiosi? Non so, a me sembra che oggi ci voglia molto più coraggio per farsi strada in Italia tra nepotismo e corruzione che all’estero, dove gli stessi emigrati ti ricordano ogni 3×2 che la meritocrazia è la norma.

    Insomma, per anni ho dovuto leggere i lamenti dei laureati contro chi non aveva la laurea e quindi era ignorante se non stupido (a parte i ministri di sinistra), adesso non vorrei passare i prossimi anni a leggere i lamenti dei laureati che se ne vanno all’estero contro chi resta perché più ignorante o più stupido.

  9. Zagabart dice:

    Guarda, se invece di essere nato a Spazzate Sassatelli fosse nato a Budrio, sarebbe stato perfetto! (ma che ti ha mai fatto Budrio di male?)

    Battute a parte, e lasciando perdere la stupida sparata di un tizio in evidente difficoltà di fronte ad un problema, trovo il tuo post molto equilibrato e corretto, si leggono in giro tante sparate retoriche e piagnone da ambo le parti che un po di razionalità fa bene.

  10. SempreVivaIPoetiLaureatiENon dice:

    Mantellini ma chi l’ha scelto Poletti? Alla faccia del #cambiaverso e #rottamazione. Quel tipo che piace tanto a te.
    Alfano in qualche modo era obbligato per formare il governo, e va bene.
    Ma Poletti? Non c’era niente di meglio? Un miracolato della politca, come ce ne sono tanti in Italia, uno di quelli che bisognava rottamare, l’ha fatto ministro il fenomeno.

    E poi anche basta con questa disputa tra cervelli in fuga e in patria, ma quando iniziamo a parlare della maggioranza dei giovani che non sono cervelloni, non creano startup, non fanno dottorati a Oxford o Harvard, e che pure desiderano una vita decente?
    Tu li chiami “bamboccioni” ma che alternative hanno? E quando finiranno le pensioni di nonni e genitori che succederà?
    Da un ministro del lavoro mi aspetto che risolva questi problemi, e non si metta a fare chiacchiere da bar.
    Ma io non me la prendo tanto con Poletti, me la prendo con chi l’ha messo lì.

  11. deid00 dice:

    Da ricercatore precario in Italia quasi 40enne, che non ha potuto emigrare causa problemi famigliari, ti dico che capisco il punto di Poletti. Nel sentire comune quello che va all’estero e` piu` bravo, migliore, piu` corraggioso (ma de che?). E questa e` una enorme cazzata. Vi diro` di piu`, fare un periodo ad Oxford, Harvard, Yale, odovecavolovipare, non e` cosi` impossibile per un italiano, proprio perche’ il sistema italiano (scuola secondaria e universita`) e` molto ben visto. Insomma, non serve essere dei geni, e nemmeno i migliori, basta essere buoni studenti con voglia e qualcuno (un professore italiano) che ti sostenga. Punto.

  12. Massimo65 dice:

    Sono d´accordo il commento di deid00. Da italiano all´estero (per scelta, non necessità, e molti lo fanno per scelta, non per fame, non prendiamoci in giro) non ne posso più della retorica dei “cervelli in fuga”. Molti se ne vanno perchè possono (famiglia che li aiuta, professori giusti che ti sostengono verso l´emigrazione dall´Italia, ecc.). Questo per parlare solo degli accademici. Che, non dimentichiamolo, continuano a rappresentare una minima parte degli emigranti italiani.
    Pur vivendo in una città universitaria, la gran parte degli italiani che abita qui è ancora impiegata nei “soliti” lavori: pizzaioli, camerieri, gelatai ecc. E tanti ne trovi in giro.
    Conosco numerose persone rimaste in Italia, che sono capaci tanto e anzi di più dei presunti “cervelli in fuga”. Per i più svariati motivi sono rimaste in patria e non sono certo meno validi di chi è andato all´estero.
    Le parole di Poletti sono state poco felici, nessun dubbio, la sostanza, però, è più che condivisibile

  13. andrea61 dice:

    Tra l’altro più giovani scappano all’estero e più migliorano matematicamente i numeri della disoccupazione giovanile favendo fare bella figura al nostro Ministro.

  14. malb dice:

    “Molti ragazzi lasciano l’Italia perché non hanno prospettive di lavoro e questo è un problema di politica economica generale.”
    La prima cosa che dovrebbe fare il ministro è conoscere questo problema magari considerando alcuni dati macroscopici.
    Io non so dove si collocano in una scala di merito i giovani che vanno all’estero, ma non credo che sia questa la questione in primo luogo perché a fronte di questa emigrazione c’è una immigrazione di persone altrettanto giovani dagli stati extracomunitari o da quelli di recente ingresso nella Comunità Europea. Non parlo dei richiedenti asilo, ma di quelli che in Italia contribuiscono a formare circa l’11% degli occupati. Nello stesso tempo non poche aziende italiane portano il lavoro all’estero in un mercato del lavoro diventato globale come quello di tutte le altre merci. Quindi non si tratta di un semplice flusso di emigrazione, ma di un doppio flusso che va nei due sensi. Il tutto potrebbe essere spiegato col fatto che gli immigrati accettano salari più bassi. Questo è vero per il lavoro che va all’estero, ma in Italia il lavoro palese è regolato da contratti nazionali che valgono per tutti. Qui entra in campo una delle azioni del ministro: la decisone di non regolamentare l’utilizzo dei voucher cui ha corrisposto un loro notevole incremento che rivela lo scarso interesse degli imprenditori per una manodopera professionalizzata nel lavoro che esegue per l’azienda e un loro forte interesse per un lavoro fuori contratto. Invece di fare dichiarazioni sulla qualità dei giovani che vanno all’estero, il ministro dovrebbe occuparsi di come è fatto i lavoro in Italia e di migliorare la sua composizione. Forse sarebbe riuscito a produrre alcuni spunti di politica industriale utili a superare le strategie dell’ex governo Renzi di cui ha fatto orgogliosamente parte, tutte basate su turismo e start up, cioè del tutto insufficienti per il settore industriale che sembra essere costantemente in vendita al miglior offerente straniero. Forse può far qualcosa con il nuovo governo, ma queste cose non sembrano essere problemi suoi.

  15. Romina dice:

    A mio parere, un ministro non dovrebbe mai parlare così, per nessuna ragione. Un ministro non dovrebbe mai fare generalizzazioni di una superficialità imbarazzante. Non esistono scuse per un politico che si esprime con battute da bar dello sport, offendendo intere categorie di persone.

    Chiarito questo, è vero però che la retorica dei cervelli in fuga, che ormai si legge e si sente ovunque, è appunto una retorica, anch’essa superficiale. Non è vero che se ne vadano soltanto i migliori e i più coraggiosi: le persone partono per i motivi più svariati e gli individui che lo fanno non sono omogenei per doti culturali, morali, intellettuali.

  16. gregor dice:

    Poletti ha sbagliato

    Ma l’aveta letta la lettera della ricercatrice di economi ain Francia che accusa il governo per il caso Regini, senza sapere che il suo governo Francese protegge il governo Egiziano?

    LOL

  17. Felice dice:

    Mantellini malizioso malpensante