Sono stato tre giorni a Perugia al Festival del Giornalismo. Che è un evento gigantesco e unico, nato e cresciuto sulle spalle di Arianna Ciccone. Un oggetto strano, dove il giornalismo è un cucù impazzito che pendola da Bruno Vespa ad Andy Carvin. Gli eventi, numerosissimi e spesso in simultanea, consentono (insieme al libero arbitrio che tutto delle nostre vite regola) di ignorare Vespa ed ascoltare Carvin, oppure di ignorare Vespa e ascoltare chiunque altro si occupi, per mestiere o per passione, di giornalismo ed informazione. Oppure di ignorare Vespa e basta, standosene seduti a far niente, pur di non ascoltare Vespa, in un gesto di civismo simbolico con vaghe paretele com l’opposizione non-violenta. Per quanto mi riguarda lo spettacolo formidabile di questi tre giorni è stato quello delle centinaia di giovani variamente affaccendati nelle stanze dell’hotel Brufani e nelle altre sedi del Festival. Ragazzi e ragazze bellissimi, seduti in terra con i loro PC aperti, giovani ed entusiasti da fare tenerezza. Ho passato molto tempo ad osservarli, senza fare altro. Poi sono stato ad ascoltare Stefano Rodotà al Teatro del Pavone, poi ho rivisto e chiacchierato con molti amici, poi -certo – ho ascoltato Andy Carvin parlare della primavera araba. Il Festival mescola l’alto e il basso, avvicina le star del giornalismo ai ragazzi delle scuole: dei primi titilla l’ego già discretamente allenato, ai secondi accarezza lecite ma lontanissime aspirazioni. Arianna qualche giorno fa mi raccontava l’inattesa ampia schiera di volontari che reggono gratuitamente l’organizzazione del Festival (e che hanno, caso più unico che raro, nel sito web identica visibilità rispetto ai relatori). Ma oltre a questo, a differenza di molte varie celebrazioni di categoria o professionali che è possibile raggiungere nelle città italiane, il Festival del Giornalismo di Perugia esplora davvero anche la periferia più ostica e innovativa dell’ambiente informativo, dagli open data ai temi del precariato, dalla censura alle nuove forme di informazione mediate dalla tecnologia ancora senza una definizione. Una palestra per molte diverse curiosità tutte accomunate da una unica sotterranea aspirazione: migliorare anche solo di un po’ questo povero mondo a colpi di parole.

5 commenti a “Occupy Bruno Vespa”

  1. Marco Camisani Calzolari dice:

    Il festival del giornalismo ai tempi di Internet è come il festival dei dinosauri ai tempi del Cretaceo. Soprattutto se i protagonisti sono i leader del mesozoico…

  2. Carolus dice:

    @Marco: Sdeng! ;)

  3. Manuelita dice:

    Interessante poi vedere come Giuseppe Cruciani, in un incontro della giornata di oggi, dica faccia presente ad un giovane aspirante giornalista che “collabora” a vario titolo con una testata da ben 7 anni senza riuscire a stabilizzarsi che “il precariato non esiste, ci sono persone che lavorano e altre che non lavorano”, visto che nessuno gli ha imposto di fare il giornalista, che ci sono altri lavori non intellettuali che i giovani possono fare.
    Sono cose che fanno male al mondo del giornalismo e non solo.

    @Marco Camisani Calzolari: fattelo un giro a Perugia, magari ti ricredi sull’evento. Interessante il keynote speech di oggi di Luca Sofri proprio sull’argomento.

  4. Andrea dice:

    Camisani Calzolari perché il giornalismo ai tempi di internet non c’è? Credo che lei non solo non abbia messo mai piede a Perugia in sei anni di Festival, ma non abbia neanche mai dato un’occhiata al programma.

  5. giovanna lombardo dice:

    che bel racconto!