Oggi Marco Calvo ha lasciato un lungo commento al mio pezzo su PI. Lo ricopio qui di seguito perche’ sono convinto che le microdonazioni siano un possibile modello economico molto sottovalutato.

Caro Mantellini,

non mi hanno mai convinto molto i rivoluzionari e super innovativi “modelli di marketing”.

Pubblicità in cambio di contenuti gratuiti e abbonamenti/pagamenti per gli altri contenuti sono modelli ancora efficaci. Non che non ci sia spazio per nuovi esperimenti (lo dico convintamente, non per nulla nel ’93 ho fondato;), ma il vero problema di Internet oggi sono i micropagamenti.

Il trasferimento di danaro dal soggetto A al soggetto B è monopolio di Visa e Mastercard. Con tutte le negative conseguenze del caso: costi altissimi (che di fatto azzerano le possibilità di dar vita ai micropagamenti), accesso riservato a chi ha un conto in banca, rischi estremamente elevati (gli strumeti di protezione delle carte di credito sono preistorici), ecc.

Se non si abbatte il monopolio delle carte di credito, se il micropagamento non azzera i suoi costi (come si può fare già da anni, si veda la gratuità della posta elettronica che da un punto di vista sistemistico è 100 volte più onerosa del micropagamento), se le leggi non vengono riformate e si toglie alle banche il monopolio delle transazioni finanziarie (almeno quelle di piccola entità), il Web rimarrà una rivoluzione a metà.

Con i micropagamenti (esempio via SMS gratuiti… anche questi possibili da anni) facili, veloci, sicuri (devono partire dal mio cellulare, e solo da questo, possono essere protetti da pin, ecc. ecc.) la rivoluzione Internet sarà compiuta.

Internet ha azzerato il costo del supporto. Ha azzerato il costo della distribuzione, ma oggi non consente di remunerare chi fornisce contenuti. Fatto questo, chi non pagherebbe 5 centesimi un articolo (o 1 euro un “abbonamento” a 20 articoli) che gli interessa da una fonte autorevole e ben documentata?

Quasiasi rivista online con un minimo riscontro conta decine di migliaia di lettori. Lo stesso per i gruppi musicali. Anche quelli emergenti hanno pagine online con migliaia di fan o semplici curiosi. Se solo il 10% di questi utenti spendesse 5 centesimi, chi scrive l’articolo, chi ha composto il brano musicale, ecc. ne ricaverebbe abbastanza da vivere.

Il nostro sito Liber Liber conta 500.000 utenti. Se l’operazione ti richiedesse solo un click e l’inserimento di un pin di sicurezza, doneresti 50 centesimi a Liber Liber che offre gratuitamente alcune migliaia di libri e di brani musicali? Il progetto è e rimarrà totalmente gratuito, ma una piccola donazione libera la faresti?

Credo di sì, e come dicevo Liber Liber conta 500.000 utenti/mese. Se solo l’1% di loro facesse altrettanto, avremmo abbastanza fondi da assumere due redattori a tempo pieno.

Oggi non si può. Anche perché personaggi come De Benedetti, uno di quelli che ricaverebbe i maggiori vantaggi dai micropagamenti, scoprono appena adesso che Internet esiste. E per di più senza capire di cosa hanno bisogno.

Ciao.


16 commenti a “Microdonazioni”

  1. frap1964 dice:

    Non so perché, ma credo che prima o poi ci vedremo proporre una sorta di abbonamenti ricaricabili e/o a scalare. Esattamente come un conto telefonico prepagato. Dopodiché a fronte di un pin digitato pagheremo in modo anche differenziato la lettura di articoli di cui ci verranno forniti brevi abstract.
    Il che aprirà col tempo la porta ad offerte di vario genere (paghi 2 e leggi 3, per oggi tutto a x centesimi, e così via di seguito).
    In alternativa, ad un prezzo fisso, leggeremo una selezione preconfezionata, un po’ come facciamo oggi con il quotidiano di carta in edicola. Il cui destino è inevitabilmente segnato dagli ingenti costi di distribuzione. A meno che le edicole non si trasformino in stamperie di giornali on-demand (ma dubito seriamente).

  2. alessandro dice:

    ma io continuo a credere che per concorrenza emergeranno nuovi competitor che faranno gratis quello che altri fanno a pagamento (seppur di pochi centesimi)
    col tempo questi nuovi competitor (dopo aver creato un bacino d’utenza) probabilmente (almeno alcuni) tenteranno la stessa sorte, magari con sistemi al tempo che sara’ attuali, facendo la stessa fine e aprendo il mercato a nuovi ancora…
    ergo per me non se ne esce…

  3. P.G. dice:

    Il sistema dei micropagamenti può funzionare in alcuni casi, ma sono convinto che ci sia una enorme differenza di marketing fra offrire la stessa cosa gratis o farla pagare 5 centesimi. La percezione è completamente diversa, e non va dimenticato che, in cambio dell’1% (ipotetico)di utenti paganti, si allontana il 99% di utenti non disposti a pagare 5 centesimi, i quali voleranno verso altri lidi.
    Secondo me la soluzione non è far pagare “pochissimo”, ovvero delle micro-cifre, a tanti, ma far pagare “il giusto” a pochi, ovviamente in cambio di prodotti e servizi esclusivi, ad alto valore aggiunto.
    Un articolo vale da solo poco e niente: se pensiamo a un solo quotidiano cartaceo, contiene centinaia di articoli e costa 1 euro(costo ad articolo: meno di 1 cent). Impossibile farlo pagare più di 1 cent.
    Si possono far pagare però le tabelle con i dati allegati all’articolo, la consultazione dei dati dettagliati di un sondaggio, una cartografia particolareggiata relativa a un reportage, la partecipazione a un forum virtuale con esperti, l’accesso a una chat con il divo del momento…

  4. Massimo dice:

    fatemi capire: se l’1% di 500.000 utenti, quindi 5.000 utenti, paga 50 centesimi una tantum (quindi 2.500 Euro) loro assumono due redattori a tempo pieno. Ma a 1.250 Euro di costo totale per dipendente, secondo me li ‘assumi’ anche coi ricavi della pubblicità.

  5. PG dice:

    Beh, a progetto con 1250 euro al mese di costo totale si riescono ad assumere, le persone. Quasi a tempo pieno. Pagandole, s’intende, 5-6 euro netti all’ora, come fanno molte “imprese” di servizi in Italia.

  6. Cieffe dice:

    Pagandole son parole grosse, ci starebbe meglio “sfruttandole”, perchè di sfruttamento si tratta.

  7. spataro dice:

    Sono Spataro, founder (come si dice …) di IusOnDemand srl.

    Qualcuno di voi ha una idea dei costi contabili di una gestione di vendite al dettaglio ? Fatturazioni, studi di settore, etc etc … ?

    Io ho una idea diversa. LiberLiber ed io potremmo fare molto di piu’ se ci fosse sistema in Italia. Sistema significa una capacità di stringere accordi tra di noi, proporre una base comune per distribuire i nostri prodotti, includendo software e hardware dedicato. Guardiamo Crunchpad: e’ andato a Singapore a costruirselo.

    Investire in accordi sulla base di interessi comuni. Ne abbiamo voglia ?

    Chi ci sta ?

  8. alberto dice:

    Premetto che non ho una lira e che se i contenuti su internet fossero a pagamento mi limiterei a tenere la posta elettronica. Tuttavia, se avessi soldi da spendere in internet, preferirei spenderli per fare qualcosa di interattivo, perché è questo che mi offre l’architettura di internet rispetto a un giornale di carta. Forse l’errore non è mettere gratuiti gli articoli, ma i commenti. Certo, chiunque può aprirsi un blog e dire quello che vuole, ma mi chiedo se non ci sarebbe gente disposta a pagare per commentare (dico un esempio paradossale) un eventuale blog di Filippo Facci: una torta, un euro. Pago la possibilità di dire la mia dove so che mi leggono in tanti.

  9. Roberto Marsicano dice:

    Premesso che non credo che nessuno pagherà mai niente se non imposto con sanzioni (canone RAI) o scelto perchè gli si attribuisce un valore (calcio e pornografia nelle pay TV), l’unica possibilità è che le notizie gratuite sul web, sopratutto approfondimenti a valore aggiunto, siano disponibili solo per chi è abbonato all’edizione di carta, oppure tramite un coupon unico allegato all’edizione cartacea.
    Altrimenti non resta che la strada della pubblicità che però richiede sul web format e, sopratutto, gente diversa, perchè il web non è un giornale, non è la TV, non è un catalogo, non è un libro.

  10. Kluz dice:

    http://www.lightstalkers.org/time-pays-3000-for-cover-photographer-ecstatic
    E credo che, almeno parzialmente, da quando c’è internet, ciò si possa applicare a tanti ambiti.

    Bisogna vedere dove sia il punto di incontro tra contenuti, supposti di alto livello/professionali, ma di un certo costo, e altri, in teoria meno perfezionati, ad un prezzo che tende a zero. In molti casi per molti consumatori il “good enough” potrebbe pesare come un macigno nella scelta. Non so dove sia il punto d’equilibrio. Lo vedremo, politica permettendo.

    Poi, vabbé, il fatto che troppo sovente la qualità degli articoli nei tradizionali giornali a pagamento cartacei (su tutte mi viene adesso in mente come son riportate le “notizie scientifiche”) sia comunque peggiore di quelle su certi blog gratuiti è un altro discorso.
    Tra l’altro per dirne uno a caso, non so come sia ritenuto “Slate”, qui. Personalmente ci do un’occhiata almeno un paio di volte a settimana. Sicuramente adempie, gratuitamente, a soddisfare una fetta delle mie esigenze di letture di un certo tipo. E’ un esempio, tra i vari magazines free online. Però mi chiedo quanto mai dovrebbero esser meglio (o a che livello assoluto) degli ipotetici concorrenti per poter far si che io decida invece di legger loro addirittura a pagamento, seppur “micro”. Tenderei a vederla bigia, (per loro).

    Esclusi casi/temi specifici, per la massa delle produzioni di news e soprattutto commento a quest’ultime, direi anch’io che non se ne esca.

    Magari domani trovano un’idea geniale, ma, ad oggi, la banale pubblicità mi par l’unica che stia in piedi (peraltro a quanto si legge sempre, manco tanto bene, che, a quanto pare, su internet funziona poco, anche se la cosa mi sorprende abbastanza, quantomeno nelle proporzioni che illustrano).

  11. Marco Calvo dice:

    Ringrazio per i numerosi commenti. Aggiungo solo qualche precisazione:

    1) nessuno pensa che il contenuto a pagamento debba sostituire quello gratuito. Ciò che è gratuito oggi, rimarrà gratuito anche domani. Il micropagamento consentirà l’affiancarsi dei contenuti gratuiti a quelli a pagamento. Starà a chi produce questi contenuti fare in modo che siano sufficientemente allettanti. In ogni caso si tratterà di cose nuove, di servizi che ancora non vediamo perché troppo costosi per le semplice remunerazione pubblicitaria.

    In altri termini, con il micropagamento troveranno di che vivere quei giornalisti, ad esempio, particolarmemte autorevoli e competenti. Quelli che hai voglia di finanziare per fare in modo che continuino ad essere una voce autorevole e dipendente solo dai suoi lettori. Il sogno chi spera in una informazione libera e democratica.

    Analogo discorso per chi produce musica, o inventa ricette di cucina, o fa belle fotografie.

    2) non è necessario (e nemmeno auspicabile) che tutti scelgano di pagare. L’importante è che questa possibilità di scelta ci sia. Oggi, a causa del monopolio bancario, non siamo liberi di decidere, e chi vuole vivere grazie alle proprie competenze non può nemmeno tentare.

    3) per Spataro: purtroppo (o per fortuna) per completare la rivoluzione Internet non bastano degli accordi tra singoli. E’ a livello planetario (o almeno Comunitario) che i micropagamenti devono essere liberalizzati. Solo quando tutti, ribadisco tutti, potranno fare un micropagamento con un paio di click il cerchio sarà chiuso, e tanti nuovi autori, musicisti, fotografi, interpreti, ecc. si potranno affacciare sul mercato.

    Ciao.

  12. Massimo Moruzzi dice:

    @Alberto: d’accordissimo – anche se i commenti devono diventare una cosa diversa e fatta molto meglio di come sono gestiti oggi, ovvero solo uno strumento per fare qualche pageview in più…

  13. mfp dice:

    Spataro, i “costi contabili” sono costi superflui. Oggi, che l’automazione e’ distribuita tra le masse, sono superflui. E’ proprio il genere di costi che l’ict permette di eliminare (quando si dice “passare da costi che aumentano esponenzialmente al crescere dei volumi {personale,strutture,produzione}”); rendendo de facto possibile per tutti noi campare decorosamente. Molti si limitano a dire: “si, ok, belle parole… ma questi costi ci sono, e io mangio tutti i giorni, non e’ che posso aspettare il giorno in cui saranno eliminati”. E quindi si limitano ad arrabattarsi per proseguire sulla strada indicata da quelli che c’erano quando sono arrivati; arrivando ovviamente a fare carte false perche’ e’ un sistema che non si regge in piedi (se la complessita’ cresce, i costi crescono, ma le risorse sono limitate, quindi oltre una certa soglia demografica o rubi le risorse ad altri o non mangi). E nulla cambia. La cosa che fa tristezza e’ che queste dinamiche economiche sono note e risolte fin dagli anni ’60. Cioe’ noi avremmo potuto evitarci tanti malesseri… stress…

  14. mfp dice:

    pork… me so’ perso un pezzo… “passare da costi esponenziali a costi marginali tendenti a zero”

  15. Matteo dice:

    Da quel che ho visto il discorso delle microdonazioni è molto aleatorio. Ci sono forum che fornisco contenaia di film in streaming, con un utenza registrata superiore alle 300,000 unità che non hanno preso un singolo centisimo da donazioni spontanee… o si crea un’utenza abbonata ad un certo tipo di servizi premium, o si corre il rischio di lavorare molto e gratis :(

  16. mfp dice:

    Matteo… s/microdonazioni/shareware/g e ti ritrovi negli anni ’90: Shareware vs Microsoft. Tu vedi che presto tutti gli intellettuali naif che negli anni addietro parlavano agli evangelist dell’economia del dono come si fa ai Testimoni di Geova quando ti citofonano a casa – “no, non mi interessa, grazie ed arrivederci”, metti giu’, liquidati – adesso inizieranno a sperare in una economia del dono. Se l’idealismo magico di Evola e’ stato riprodotto nell’ICT grazie a un branco di cazzoni che prima di parlare non hanno studiato la propria storia… poi ti ritrovi al Mantebar a dire banalita’. E molti gia’ stanno lavorando molto e gratis da un bel pezzo; probabilmente anche il tenutario qui ne sa qualcosa… pero’ si ostina ad essere sufficientemente politico da non dire e sufficientemente politico da continuare a mangiare. Ma il giochino s’e’ rotto.