29
Apr
E’ in corso nella blogosfera americana un interessante dibattito sui rapporti fra giornalisti ed interviste. La storia da cui e’ partito il dibattito e’ semplice: Jason Calacanis e Dave Winer si rifiutano di rispondere ad una intervista telefonica da parte di un giornalista di Wired chiedendo l’invio delle domande via email. Dicono (certamente dall’alto di una acquisita notorieta’ che li rende forti) piu’ o meno:

Perche’ dovrei correre il rischio di essere frainteso o citato in maniera errata da un giornalista che magari puo’ in buona fede equivocare anche solo il mio tono di voce? Perche’ dovrei ancora una volta correre un rischio simile (e’ capitato in passato molte altre volte) specie se ho la possibilita’ di esprimere ugualmente il mio pensiero sul mio blog?

In realtà  come sostiene Jeff Jarvis e’ il concetto stesso di intervista che ha bisogno di essere ripensato. Personalmente trovo che l’idea di Winer della risposta pubblica sia un po’ fuori dal mondo (il giornalista mi manda le domande e io rispondo sul mio blog ed il giornalista poi cita il blog) ma che un giornalista (di Wired poi) decida di intervistare solo in voce mi pare altrettanto incomprensibile. Per calmare gli animi poi qualcuno a Wired ha pensato bene di dare a Calacanis (ironicamente) del “codardo”.

A me capita spesso di essere intervistato da giornalisti italiani. Io propongo sempre di fare tutto via mail, loro, quasi sempre, chiedono (ed ottengono perche io sono buono) di fare per telefono. Cosi’ accade, con mia costernazione, che la percentuale di sciocchezze che dico aumenti in maniera significativa. E francamente un poco mi scoccia. Perche’ mai non dovrei avere il tempo e la calma per argomentare bene (via mail) le mie risposte? Per il resto e’ vero: la disponibilita’ delle interfacce di editoria personale ha ridotto in maniera significativa la necessita’ di avere un intervistatore che medi fra noi ed il nostro (eventuale) pubblico.

16 commenti a “EMAIL GUYS”

  1. ciro dice:

    Intervista mi pare significhi "andare a vedere". La radice della parola è già  importante, no?

    Vabbè. Perché non è giusto obbligare il giornalista a scegliere il metodo? Secondo me perché anzitutto bisogna tener conto non solo dell'intervistato, ma anche della capacità  del giornalista di porre domande: qualcuno lo fa meglio via mail, qualcun altro dal vivo. Poi, voglio dire, in certi casi conta anche il tipo di reazione dell'intervistato (indeciso, titubante, sorpreso). Poi ovviamente se stiamo parlando dei guru di internet è un conto, se parliamo di un blogger (con tutto il rispetto per la categoria) o di un allevatore di castori canadesi, è un altro.

    Ah, inoltre penso che il giornalista abbia diritto all'esperienza dell'intervista. Cacchio, ma cosa sarebbe stata Oriana Fallaci senza le sue interviste? E Montanelli?

    Ti immagini Woodward e Bernstein contattare Gola Profonda via blog? :) (era giusto per scherzare)

    Ps: l'idea di Winer della risposta pubblica farebbe cadere il concetto di intervista esclusiva. Cosa che cui i vecchi, cari giornali, tengono ancora.

  2. Pier Luigi Tolardo dice:

    La mia esperienza è che la maggior parte delle persone, specie politici, quando gli chiedo di fare un'intervista via e-mail se è gentile mi risponde dandomi il suo numero di telefono ppure mi dice va bene, mi faccia le domande ma poi non risponde. Mante mi ha sempre, gentilmente, risposto via mail. Credo che per molti l'intervista via mail, quando non sono pco pratici del pc, prenda troppo tempo mentre l'espressione orale e rapoda e non richiede che si debba essere curati, formali, eleganti. Non vorrei mai pensare che si preferisca l'intervista a voce per poi avere la possibilità  di replicare che più o meno si è stati fraintesi o non si voleva proprio dire così ma cosà , etc.

  3. francescop dice:

    La vedo un po' al contrario rispetto a Winer e, mi par di capire, a Massimo: se oggi è tanto facile disintermediarsi, parlar con la bocca propria e dunque chiarire e farsi capire, allora perché preoccuparsi dei fraintendimenti di un giornalista?

    Il bello dell'intervista è che, oltre all'intervistato, c'è l'intervistatore. Con il suo stile, le sue domande, il suo punto d'osservazione. Anche "sbagliato", non importa: se voglio quello "giusto", vado a leggermi il blog dell'interessato.

  4. Fabio Metitieri dice:

    L'intervista e' un'arte, neppure facile da apprendere.

    Gli intervistati, lasciati da soli, tenderebbero a parlare o troppo o troppo poco, e quasi sempre di cose di cui ai lettori non gliene potrebbe fregare di meno, autoglorificandosi e senza mai affrontare i punti controversi o deboli del loro pensiero, o attivita', o prodotto.

    Non solo… una volta raccolta, l'intervista va ricostruita, resa piu' sintetica e piu' scorrevole, tagliata dei punti insessenziali, adattata allo spazio disponibile.

    Via email di solito queste possibilita' di riaggiustamento sono decisamente inferiori, per cui l'intervista viene molto meno bene – a parte il fatto che richiede piu' tempo sia all'intervistatore sia all'intervistato.

    Inoltre, se l'intervistato non sa organizzare bene il proprio pensiero e/o scrive male (un caso molto frequente) che fai, con le sue risposte? Gliele riscrivi tutte, con il rischio di offenderlo, o gliele pubblichi cosi', facendogli fare la figura dell'ignorante?

    Sulla possibilita' di essere fraintesi dal giornalista, a mio avviso Winer e' inutilmente polemico.

    Se il giornalista e' bravo e sa fare il proprio mestiere, non fraintende nulla. Piuttosto, sceglie alcune cose e ne taglia altre, cosa che in effetti a molti intervistati da' estremamente fastidio, perche' non riescono a far passare bene il *loro* messaggio al popolo.

    Ma una pubblicazione non dovrebbe essere la tribuna per nessuno… e se a Winer non sta bene, OK, se ne resti sul suo blog.

    La verita' in fondo e' sempre la stessa: chi non se la tira le interviste te le concede anche di domenica sera, o in pausa pranzo mentre cambia i pannolini al pupo (mi e' successo, anni fa, con un AmmDel, maschio), mentre altri, evidemente, alla faccia delle teorie sulla conversazione e sulla democraticita' dell'on line, appena sono un po' famosi diventano scontrosi e isterici come delle pop star.

    Ciao, Fabio.

  5. Fabio Metitieri dice:

    Oh, dimenticavo la conclusione…

    Tutto il mio discorso era per dire che l'intervista non ha affatto bisogno di "essere ripensata", di certo non perche' siamo (ammesso e non concesso) ai tempi del blogh.

    Chi avra' voglia di sorbirsi la logorrea quotidiana di un bloggher se lo leggera' tutti i giorni sul suo blogh e di certo non avra' voglia di sorbirselo anche come intervistato (n'altra volta???), su carta (ed ecco perche' mi fanno ridere le testata in cerca di lettori tra i bloggher, tra l'altro…)

    Gli altri, leggeranno il pensiero di questo o di quello solo quando una testata o un giornalista decideranno che in effetti ha qualcosa di importante da dire, interessante per i lettori.

    A me la cosa pare lapalissiana.

    Oh, e Mante….

    "che la percentuale di sciocchezze che dico aumenti in maniera significativa".

    Naaa… questo e' matematicamente impossibile. Fattelo spiegare da Mau.

    ;-)

    Ciao, Fabio.

  6. Joe Tempesta dice:

    l'unica volta che sono stato intervistato da qualcuno, anni fa quando i blog non esistevano, è stato per telefono e la cosa mi è parsa naturale: per email mi puoi fare un elenco di domande ma se tra le mie risposte c'è lo spunto per altre domande diverse da quelle che ti eri prefissato, oppure devi approfondire una risposta, a voce puoi deviare lì per lì, per email devi rileggere e poi riscrivere e rileggere e così via.

    Per questo quando un'intervista che è fatta 'in diretta' si capisce leggendola: assomiglia di più a un comunicato stampa.

    P.S. il mio intervistatore era Metitieri.

  7. Fabio Metitieri dice:

    Miii…. che memoria…. Ti ho intervistato nel marzo del '99 a proposito di Ircity, per Apogeo.

    Comunque, la non immediatezza e la non interattivita' dell'email e' superabile, in due modi.

    Primo: fai come ha fatto Morbin con me, con mail successive, in modo da simulare una conversazione. Prende un'infinita' di tempo, ma funziona. Io, come giornalista, non lo faccio mai, per motivi di tempo e costi.

    Seconda via: studi le domande cercando di prevedere le risposte. Se sei bravo, quello che ne esce, fatto in un colpo solo, sembra una conversazione. Pero', devi studiare molto.

    L'ho fatto di recente con un docente Usa, sull'evoluzione della biblioteca. Ho passato mezza giornata a studiarmi i suoi lavori (che peraltro avevo gia' letto) e un'altra mezza giornata a studiare le domande.

    Ma, di nuovo… in entrambi i casi, se l'intervistato non e' piu' che bravo a organizzare il proprio pensiero, e sempre restando sul tema preciso della domanda, *and* a scrivere bene alla fine o riscrivi tutto o ne viene fuori una schifezza.

    Puoi farlo con poche persone. Se penso alle aziende, soprattutto, gia' a voce quando chiedi di qualcosa che non va, svicolano e devi rifare la domanda due o tre volte, figurati un po' per email.

    O, per parlare di gente che qui e' conosciuta, quando ho intervistato il Gran Guru Gigi' gia' per telefono ho faticato a tenerlo in tema e a stringerlo un po'; per email mi avrebbe mandato la sua solita lenzuolata ideologica e avrei dovuto buttar via tutto.

    Sul serio, faccio interviste da piu' di 11 anni, penso di avere intervistato circa 1.000 persone, un po' di tutti i tipi, dai piccoli imprenditori ai grandi AD, dai docenti ai tecnici, dai guru agli utenti, italiani e anglofoni, di persona, o per telefono o via email, in presenza dei/delle loro PR o senza, e sono veramente pochissimi quelli che riescono a dire cose interessanti senza essere pressati dalle domande e senza che dopo vi sia il bisogno di riaggiustare pesantamente il testo.

    Per la maggior parte degli intervistati, inoltre, il giornalista e' un nemico da cui difendersi, o, nella migliore delle ipotesi, un fesso da insaponare (un po' come i bloggher che Microsoft invita alle finte conferenze stampa…

    ;-)

    Ciao, Fabio.

  8. Pier Luigi Tolardo dice:

    Uno che mi ha rifiutato un'intervista è Metitieri perché: 1) non si abbassa a farsi intervistare da me, cioè se la tira

    2) non si abbassa a farsi intervistare da Zeus News, cioè se la tira.

    Non vedo perché se la debba tirare: avrà  intervistato 1000 persone ma è sempre un CiaoFabio qualsiasi!

  9. Dario Salvelli dice:

    Io anche per Nòva ho sempre fatto qualche intervista via email: sarà  perchè non si trattava di nessun politico ma soltanto di professionisti ma sono stati sempre ben accetti di rispondere con calma in modo da riflettere sulla domanda. :)

  10. e.che. dice:

    Primo: non confondere tra intervista e raccolta di opinioni (quando i capicronisti dicono: telefona all'esperto e fatti dire cosa pensa sul surriscaldamento globale o sull'aviaria). Nel secondo caso una telefonata è più che sufficiente ma andrebbe benissimo anche una mail, purché breve. Nei quotidiani (anche in provincia) non è più una rarità .

    Secondo: l'intervista vera e propria ha ovviamente bisogno del rapporto diretto tra le persone (chi è intervenuto prima lo ha già  detto, inutile ripetere). La capacità  dell'intervistatore non sta solo nel porre le domande e pressare, ma anche nel rivedere l'intervista tagliando e correggendo.

    Una via mediana è il colloquio di persona e il successivo scambio di mail per precisazioni e approfondimenti. Anche questo ormai avviene comunemente.

    L'idea, infine, di rimandare l'intervistatore a un blog mi pare francamente demenziale (ma c'è il rischio che attecchisca, visto il notorio fancazzismo di noi cronisti)

  11. Fabio Metitieri dice:

    Tolardo, non montarti la testa. E' vero che di Zeus me ne importa una cippa e di te ancor meno, ma probabilmente il fatto era solo che avevo da fare.

    Salvelli, sara' che a Nova 24 van bene le email perche' si accontenta di poco e non approfondisce mai nulla?

    Ciao, Fabio.

  12. T A R O dice:

    Da bloghista credo che il metodo dell'intervista in più post sia il metodo più adatto per gestire l'intervista su di un blog.

    Suppongo diventerà  un vero e proprio format editoriale, almeno per chi il blog lo vive oltre che per scaricare le proprie emozioni.

    In pratica torneremmo al caro vecchio dialogo epistolare. Vedremo, un giorno.

    Sto provando a metterlo in pratica ma a dare contro, almeno nel mio caso, la mancanza di esperienza, capacità  e quindi "autorità " da un lato e l'assenza di un portafoglio gonfio dall'altro per invitare l'intervistato a concedere le sue opinioni (in assenza di un'autorità  che stimoli risposte e voglia di bruciare un po' energia celebrale)

    Salut!

  13. Alessandro Longo dice:

    Soon d'accordo con chi sostiene l'importanza di fare le interviste a voce. E' evidente a chi abbia un minimo di preparazione giornalistica.

    Per quanto mi riguarda, le faccio vai e-mail solo quando costretto dall'intervistato (Negroponte ed è stato un casino sopperire alla mancanza di real time con domande scritte molto meditate) oppure quando lo conosco bene, l'ho intervistato altre volte ed è un analista/tecnico di cui mi serve il parere su una questione specifica, un paio di righe da virgolettare non di più.

  14. Fabio Metitieri dice:

    Mah.. In effetti e per concludere, solo a Mante, che di giornalismo non ha mai capito un beato, poteva venire in mente che domani leggeremo i blog di tutte le persone di cui ci interessa sapere che cosa pensano, e che:

    "Le interfacce di editoria personale abbiano ridotto in maniera significativa la necessita' di avere un intervistatore che medi"….

    Bullshit, mi verrebe da dire, oppure le solite talebanate da chi, dato che ha solo un martello, vede tutto a forma di chiodo.

    Ciao, Fabio.

  15. ciro dice:

    Mi sembra un poco riduttivo circoscrivere il tutto a "blogger e/o smanettone che intervista blogger e/o altro smanettone".

  16. T A R O dice:

    Ragionare in termini di sarà  così oppure così è un po' fuorviante, forse a volte qualcuno si crede veggente quando in realtà  ha solo una gran quantità  di anni di lavoro alle spalle, spesso condotte nella propria ottica.

    Cmq sia riguardo i blogger e il mercato di lettori di nicchia a cui sia apre (ognuno valuti per sè lo spessore, la qualità , dell'uno e dell'altro), l'intervista a puntate credo sarà  il format più adatto e che prenderà  piede.

    Questo non significa inviare 10 domande in un colpo, ma sviluppare l'intervista nel tempo.

    Certo non per intervistare il presidente della repubblica, tra bloggers.

    Salut!

    un blogger