Sono d’accordo con moltissime delle cose che scrive Beppe Caravita in questo lungo sfogo sulla situazione delle TLC in Italia (chi per casualita’ avesse letto il mio pezzo sul primo numero di Solido sa che tratta piu’ o meno degli stessi argomenti). Vorrei pero’ aggiungere una cosa. Breve, breve.

Vero, il panorama delle aziende delle comunicazioni in Italia non brilla per innovazione e questo certamente e’ una colpa. Ma si tratta di una colpa secondaria alla mancanza di un controllo politico sulla innovazione tecnologica stessa. Noi non possiamo chiedere a Telecom di innovare e cercare idee nuove se Telecom ha modo e maniera per controllare l’indirizzo politico del paese (o se, in subordine, il potere politico sceglie per qualche ragione sua, di non scalfire gli interessi dei grandi soggetti delle telecomunicazioni). Perche’ solo una di queste due cose e’ accaduta in Italia in questi ultimi dieci anni. E forse anche prima: con la piccola differenza che “prima” non c’era Internet e lo scenario cambiava di molto. Con lo sviluppo della rete siamo rapidamente passati da uno scacchiere delle TLC meramente aziendale (le TLC come qualsiasi altra industria insomma) ad uno radicalmente diverso, nel quale la priorita’ della innovazione diviene di tipo culturale. Una faccenda che, improvvisamente, riguarda da vicino tutti i cittadini. Un mondo che si capovolge.

Passato un periodo di comprensibile straniamento dovuto alla mancanza oggettiva degli strumenti intellettuali per comprendere questo cambiamento, i nostri politici avrebbero potuto e dovuto governare “il nuovo” che la tecnologia ci metteva in mano. Come faticosamente e’ avvenuto da molte parti prima in USA e poi in Europa. In Italia non e’ stato (con i passati colpevoli governi del centro sinistra) e non e’ tuttora (con il governo delle 3I di Berlusconi e Stanca, per risparmiarvi la dolorosa citazione di Gasparri) cosi’. Telecom ha i piedi ben saldi dentro le strutture del potere (o, per chi preferisce diverse dietrologie, il governo del paese ha una congenita incapacita’ di incrinare gli interessi di simili soggetti) e tutto cio’ che potrebbe alterare lo scenario viene cosi’ ogni volta congelato. Si mantiene lo status quo incuranti del mondo che cambia, navigando a vista osservando solo le mosche a pochi centimetri dal proprio naso. Mentre a un metro e mezzo Letizia Casta (signore, sostituite con un sex symbol maschile di vostro gradimento) sta iniziando un languido spogliarello.

E la cosa sconfortante e’ che nemmeno nella fisiologica diversa campana della opposizione parlamentare si intravede la consapevolezza di questo impasse. Basta leggere le inutili e vaghe dissertazioni di Beatrice Magnolfi, professoressa di lettere toscana, fresca responsabile dei DS per l’innovazione tecnologica, nel posto che fu in passato di Giovanna Melandri. Gente che *non sa* e che parla a caso, per luoghi comuni e frasi fatte: che davanti ai microfoni, su questioni che decidono gia’ oggi l’arretratezza culturale di un intero paese, propone lo spezzatino fatto di un pizzico di apertura all’open source, un quarto di rivisitazione del copyright e una seriosa attenzione alle dinamiche del mercato del lavoro. Gente insomma incapace di qualsiasi scelta di cambiamento per carenza di orizzonti ma anche per la congenita’ tendenza a tenere il piede su troppe staffe. Gente – i DS delle Magnolfi ( e lasciamo stare la Margherita e compagnia bella) – che se anche dovesse per casualita’ rivincere le elezioni farebbe domani esattamente come D’Alema ha fatto in passato. Dichiarerebbe – ci potrei scommettere – al Costanzo Scio’ che il mercato sara’ in grado da solo con le sue splendide dinamiche di governare il cambiamento. Io al fine statista D’Alema questa ciclopica scemenza, sono passati degli anni, ma ancora non gliela perdono.

Caro Beppe, altro che Ruggero, Scaglia e compagnia (gente che fa in modo rigoroso e capibile solo e sempre gli interessi, certamente poco creativi, delle proprie aziende) il problema qui e non da ora e’ quello di una classe politica che permane abitata da incolti digitali. Dai quali per almeno un paio di generazioni forse e’ il caso di non attendersi nulla di buono.

3 commenti a “GOVERNARE INTERNET (post lungo, sorry)”

  1. lucifero dice:

    Analisi più che condivisibile. Ciò che più mi turba è il fatto che non riesca a vedere modi grazie ai quali poter fermare questa barbarie in tempi ragionevoli.

  2. AdRiX dice:

    Io penso che finché nei partiti veri esperti del settore tlc, persone con esperienza, visione e conoscenza, non vengono cooptate o non sgavettano dalla base possiamo aspettare fino al Diluvio Universale. Il nucleo dirigente di un partito delega a ogni settore qualcuno/a di cui si fida, e se poi non capisce granché del settore assegnatogli, farà  il politico, mediando tra acqua e benzina senza muovere davvero niente.

  3. beppe dice:

    http://blogs.it/0100206/2005/01/30.html#a3943