La triste vicenda dello sciopero della fame di Paola Caruso giornalista del Corriere della Sera di cui in queste ore parlano un po’ tutti nella rete italiana è molte cose assieme e separarle non fa onore a nessuno. E’ una storia dolorosa di precariato e aspettative (che ovviamente non è solo di Paola e che come tale può fare da utile cartina di tornasole). E’ il racconto commovente della solidarietà in rete e del talento di chi immagina – ognuno per sé – modi e maniere per poter rendersi utile alla causa. E’ contemporaneamente anche lo specchio di dinamiche meno piacevoli come quelle legate alla scarsa chiarezza del contesto: un amplissimo movimento di convinta solidarietà è nato e cresciuto in poche ore basandosi su pochissime incerte informazioni. E’ infine la dimostrazione della enorme capacità connettiva che Internet ha ormai, anche in questo paese derelitto, verso gli altri luoghi della comunicazione. Sono bastate poche ore di mobilitazione sui social network durante un fine settimana per produrre prese di posizione sindacali, agenzie di stampa, articoli di giornali e perfino una dichiarazione domenicale di Ferruccio de Bortoli stesso. E’ un mondo connesso e potentissimo. Ma forse non è tutto bello come sembra.
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Novembre 14th, 2010 at 23:21
Che sia la rete, oppure una gru, fa poca differenza: c’è qualcosa di profondamente sbagliato se per fare valere le proprie ragioni servovo gesti clamorosi.
Novembre 14th, 2010 at 23:25
Analisi spettacolare di Matteo Bordone, con cui mi trovo stratotalmente d’accordo.
http://www.freddynietzsche.com/2010/11/14/nomen-omen-detto-da-un-basso-continuo-a-un-tenore-napoletano-del-secolo-scorso/
Novembre 14th, 2010 at 23:55
[…] […]
Novembre 15th, 2010 at 03:43
[…] […]
Novembre 15th, 2010 at 05:44
anche io concordo in pieno con matteo bordone
Novembre 15th, 2010 at 06:40
Se avessi un blog e avessi deciso di farci un post, avrei scritto quello che ha scritto Bordone
Novembre 15th, 2010 at 07:37
L’articolo di Bordone è il disgustoso show di uno che ce l’ha fatta, e che si diverte a rimestare nel dolore dei mille sulla cui precarietà egli stesso si è issato, (inconsapevolmente, certo, e mica per sadismo….per necessità, o per sua mera fortuna), di fatto schiacciandoli.
Novembre 15th, 2010 at 07:37
O almeno, spero che Bordone si sia divertito, nello scrivere quell’articolo. Se non si è divertito nemmeno, allora è pure un banale esercizio di retorica padronale….
Novembre 15th, 2010 at 08:25
a me il post di Bordone pare quello di uno che ha introiettato alla perfezione la logica dello sfruttamento. Un piccolo soldatino felice di questo mercato del lavoro cinesizzato: meritocrazia, flessibilità, metticelatutta, dinamicità, impegno ed entusiasmo, daichecelafai ad avere il tuo sogno amerrigano. Piantamola davvero: al netto di tutte le insinuazioni e delle informazioni incerte, qui si parla di una precaria che dopo 8 anni aspira legittimamente alla stabilizzazione. Ed è meschino insinuare che la giornalista forse non è brava abbastanza. Non si è bravi abbastanza per i diritti? Non sta rivendicando l’editoriale in prima pagina la domenica.
Novembre 15th, 2010 at 09:26
Chi attacca Paola continua a usare lo strumento del “si aspettava di essere lei”. Si, è vero, si aspettava di essere tra le prime assumibili, ma questa non è che metà della vicenda; chiedendo, si è infatti sentita rispondere “non verrai mai assunta”. È questa la parte che dovete tenere a mente quando vedete quella donna scioperare per qualcosa che forse, in un futuro prossimo, potrebbe riguardare chiunque di voi, chiunque di noi.
L’ho detto e lo ripeto: sono uno studente di ingegneria e questo sciopero mi tange perchè una volta finita l’università non voglio finire a fare il programmatore in uno scantinato con contratto a progetto. Non voglio aspettare la grazia divina prima di potermi sposare. Voglio che mi si diano possibilità. E sostengo Paola perchè credo che se lei ce la farà, sarà un piccolo traguardo anche per me.
Novembre 15th, 2010 at 09:35
Non trovate singolare che si commenti un post di Matteo Bordone sotto quello di Mantellini. Lavoro con la rete da 15 anni. Ho l’onore di dirigere varesenews da dodici anni. Siamo in 20 che viviamo di questo lavoro. Dieci giornalisti professionisti assunti a tempo indeterminato quest’anno dopo dieci anni di precariato. Altrettanti dovranno attendere molto e qualcuno resterà tale perche’ non ha le caratteristiche per essere assunto. Credo che occorra grande attenzione e rispetto. Il populismo o un sindacalismo scontato non sono il miglior modo per difendere i diritti. La questione è delicata e complessa e il post di Mantellini argomenta molto bene la vicenda. Altrettanto Bordone. Occorre fare attenzione alle storie e si può entrare nel merito solo con una profonda conoscenza delle stesse. Altra cosa invece riflettere e prendere posizione rispetto a una realtà generica. Esprimere solidarietà è anche semplice. Prendere posizioni scomode è altra cosa. Insultare chi se ne assume la responsabilità non è mai un buon segnale. La rete lo permette, ma facendolo ognuno di noi ne da un pessimo uso.
Novembre 15th, 2010 at 10:22
l’ultima cosa che si doveva fare è giudicare Paola, non è obbligatorio solidarizzare sempre e comunque con tutti, bisognerebbe farlo a ragion veduta ma se uno non vuole solidarizzare per forza non deve neanche, per forza, buttarle addosso una bella palata di ….
Nella vita spesso è solo il caso, un minuto in più che uno in meno a determinare assunzione e successo e questo, probabilmente, anche in Svezia non solo nella malandata Italia e questo deve indurre chi ce l’ha fatta a darsi una calmata….
Poi la situazione non è mai stata così nera: se uno non trova il fisso al Corriere in questo momento non lo trova neanche alla Gazzetta di Roccacanuccia e non può ripiegare nemmeno su un postyo da insegnante o peggio in un call center…..
Novembre 15th, 2010 at 10:23
sono perplesso, se Paola Caruso fosse stata precaria di un’azienda di serie b avrebbe ottenuto lo stesso spazio? forse no, guardacaso a lanciare la notizia è stato il blog di gianluca neri, uno dei tanti che vede nel Corriere della Sera incarnati i tanti mali della stampa analogica, a dispetto del fantastico (!) futuro che ci aspetta nell’era digitale (ma questo futuro è già un terribile presente). detto questo, trovo che il pezzullo di matteo bordone sia un concentrato di cultura berlusconiana, una summa retorica della civiltà padronale, a dimostrazione di quanto questo paese sia ormai radicalmente compromesso.
Novembre 15th, 2010 at 10:29
Forse lo stesso spazio no, ma uno sciopero della fame fa sempre scalpore e costringe anche il Corriere ad occuparsene anche se si tratta di un’azienda minore.
Novembre 15th, 2010 at 10:36
Sì, sono d’accordo con Massimo.
Personalmente – scusate l’autocitazione – rivendico di aver dato la notizia (è una notizia, il primo sciopero della fame di una giornalista del C.) senza spendermi sui torti e le ragioni, che ignoravo. Un po’ di telefonate nei giorni successivi mi hanno convinto che torti e ragioni in questa vicenda sono un terreno molto intricato e scivoloso.
In ogni caso, trascendendo dal caso, ho l’impressione che una fetta della Rete italiana abbia voluto più che altro dare una prova della propria “capacità di contropotere”, non necessariamente basandosi sulla case history più limpida.
Novembre 15th, 2010 at 10:54
Pier Luigi Tolardo, hai ragione, ma sempre la mediazione di un gianluca neri o di un altro blogger molto seguito ci sarebbe voluta prima che il corriere di turno fosse costretto ad occuparsene. il gianluca neri di turno avrebbe dato spazio alla vicenda se si trattava di un calzaturificio di Porto Sant’Elpidio? lo dubito.
@Marco. parliamo del pezzullo di Matteo Bordone, perché ha messo involontariamente il dito nella piaga. il buon Mantellini, che si dimostra più intelligente e attento di bordone, si è guardato bene dall’avventurarsi in analisi che andassero oltre il registrare l’incredibile potere ormai acquisito dalla rete.
leggo poi anche il pezzullo di guia soncini, totalmente in sintonia con quello di bordone. guia soncini, un’altra che è diventata “qualcuno”, rimestolando nel classico “io so io e voi non siete un cazzo” e andando completamente fuori tema ci spiega che non tutte le paole caruso possono aspirare a un posto da editorialista da prima pagina. è il mondo, bellezza.
beh, io una cosa, grazie al potere delle rete, da questa vicenda l’ho capita. se prima avevo qualche dubbio, terminata la specialistica, prendo il primo volo per l’estero e in questo paese non rimetterò più piede neanche per le vacanze di natale.
Novembre 15th, 2010 at 11:18
C’è sempre uno più povero di te, uno più sfigato di te, uno che fa un mestiere meno visibile e socialmente quotato che il giornalista – questo non vuol dire che non si debbano rivendicare i propri diritti. Questo a sua volta non vuol dire che l’Italia non sia il Paese dove tutti vantano infiniti diritti e nessun dovere e sono convinti di meritare tremila euro al mese senza dover fare niente (anche perché è pieno di cretini raccomandati che prendono tremila euro al mese senza fare niente). Dunque credo che la verità stia nel mezzo e che quel che sta accadendo sia soprattutto un’ottima mossa di marketing personale. Ma occhio, perché c’è sempre uno più povero di te, uno più sfigato di te, uno che invece di fare lo sciopero della fame si pianterà sopra una gru per settimane, e poi uno che invece di salire sulla gru minaccerà di darsi fuoco nell’atrio di via Solferino.
Dunque basta alle guerre tra poveri, pretendiamo che lo Stato italiano affronti il problema in maniera sistematica e garantisca eguale trattamento per tutti.
Novembre 15th, 2010 at 12:07
Il dibattito sembra essere banalizzato: non che manchino osservazioni interessanti, ma si tende verso la contrapposizione ha ragione/ha torto. E’ un atteggiamento ereditato dalla televisione, anche su internet bisogna fare audience. Non lo dico in senso negativo, è un’osservazione sul mezzo, forse mi sbaglio.
Novembre 15th, 2010 at 13:12
“Il culo al caldo, noi che non siamo Paola” – Non so davvero quale sia il tono e l’approccio “giusto” su questa vicenda.
E’ scandaloso quanto ordinariamente messo in atto dalle aziende verso i lavoratori mediante il meccanismo del precariato ma è altrettanto scandalosa l’attuale legislazione sul lavoro che garantisce i garantiti e se ne frega di tutti gli altri senza consentire la necessaria flessibilità (alle aziende ed ai lavoratori) nel reinventarsi il lavoro giorno dopo giorno.
Il “lavoro vero” è questo, nulla di stabile come i vetero-sindacalismi ci han voluto far credere, ma il reinventarsi ogni giorno, in fondo senza garanzia altra che quella della proprie capacità garantendo però a tutti i meccanismi di tutela per chi “cade” lungo il percorso.
Non entro nel merito della vicenda di Paola, non so quali frustrazioni, angosce e pressioni da parte dell’azienda siano state causa di tale enorme reazione.
Se lei stessa ritiene di aver subito il torto di una vita potrebbe esser giustificabile per lei il metterla in gioco.
L’unica cosa che possiamo fare noialtri è fare in modo, mediante anche il dibattito politico sulla riforma dell’attuale mercato del lavoro italiano, che non ci siano più altre Paola spinte così in fondo all’estremo da ritenere sensato uno sciopero della fame anzichè un mero ricorso al giudice del lavoro.
Si tenga conto altresì che per le micidiali e quelle si efficaci reti di auto-protezione delle aziende mediante i meccanismi (professional social network ante litteram) di ricorso alle “informative occulte” procurate dalle persone che lavorano nel settore delle Human Resources (i veri kapò delle aziende attuali), chi si rivolge al giudice del lavoro è poi automaticamente bannato e fuori a vita da quei circuiti lavorativi.
Novembre 15th, 2010 at 13:14
grande bordone.
Novembre 15th, 2010 at 13:39
Per certi versi nel pezzo di Bordone si può leggere di una realtà cruda e disincantata. Io però sono fondamentalmente d’accordo con @tizio.
Novembre 15th, 2010 at 14:31
Negli anni ’70(erano gli anni della crisi petrolifera) una giovane telefonista precaria della Sip di Milano, di nome Stella, dopo circa 4 anni di precariato in quella che, allora, era una grande azienda monopolista di proprietà dell’IRI)cioè dello Stato), in cui aveva fatto i turni più schifosi, coè sere, sempre sabato e domenica e senza feste comandate e tutte le estati, venne lasciata a casa senza speranza di riassunzione mentre altre e altri più raccomandati venivano confermati. Stella era femminista e iscritta al Partito Radicale: piantò una tenda davanti alla sede di Via M.Gioia della Sip di Milano e iniziò uno sciopero della fame. Anche il sindacato dovette darsi una mossa e la Sip per non perdere del tutto la faccia la richiamò in servizio, anche il conmtratto successivo stabilì delle nuove garanzie per i precari. Stella dopo 30 anni in cui ha fatto anche la delegata e la dirigenmte sindacale della Uil è in pensione, spero che Anna abbia lo stesso successo.
Novembre 15th, 2010 at 15:54
Signor Tolardo, me lo auguro anch’io, alla faccia dei tanti Matteo Bordone di questo paese.
Novembre 15th, 2010 at 16:55
Vorrei anzitutto levare il capello per Massimo, al solito, a questo punto meglio toglierselo direttamente prima di accedere al suo blog. L’affermazione che la storia di Paola sia tante cose assieme è così semplicemente vera, ed eppure è stato l’unico ad esprimerla.
Nel merito mi trovo poi abbastanza vicino al pensiero di Matteo. Credo che il peccato originale di questa vicenda sia stata una certa approssimazione nella spiegazione delle proprie ragioni. E quando ci si accinge ad un gesto così violento come lo sciopero della fame e della sete non si può essere così approssimativi. Che altrimenti, nel concreto, la profezia di Matteo per cui a questo punto se Paola fosse assunta lo sarebbe per lo sciopero e non per il merito, sarebbe fondata.
Che usare la propria salute, finanche la propria vita come strumento di lotta è condivisibile, secondo i miei due centesimi, se la lotta sia irrimediabile ed universale e qui mi pare non sia l’una né l’altra.
Sicuramente io mi trovo in una situazione ancora più disagiata e precaria di quella di Paola, ma non per questo mi sono nemmeno mai sognato di minacciare né tanto meno attuare una misura così estrema. Forse anche per carenza di grinta o carattere, ma anche perché una mia personale vittoria conseguita grazie ad una forma estrema di ricatto non sarebbe molto meno ingiusta rispetto a nepotismo e raccomandazione in uno scenario di precariato così diffuso.
Che non potremo mai davvero sapere come sarebbe andata se Paola fosse stata assunta come avrebbe sperato, ma mi si consenta di nutrire dubbi, in base a ciò che possa leggere dal suo tumblr, che avrebbe sentito la medesima urgenza di battagliare contro il sistema se fosse fosse stata benedetta da un contratto a tempo indeterminato.
Quando invece io credo che il valore, scomodiamo il termine etico, di una, scomodiamo il termine rivoluzione, stia in quanto tu stia lottando anzitutto per gli altri. Altrimenti stiamo parlando di ambizione. Assolutamente legittima.
Ma qui qualcuno, onestamente e ragionevolmente, mi sosterrebbe a spada tratta e mi esprimerebbe solidarietà se domani cominciassi uno sciopero della fame e della sete per ottenere il ruolo di Ministro dell’Istruzione? Che sul fatto che io sia più competente della Gelmini, chi no, non v’è alcun dubbio.
Novembre 15th, 2010 at 16:55
Solidarietà a Paola da parte del blog VecchieFarab(R)utte. E grazie a Massimo Mantellini, al Post e soprattutto a Pier Luigi Tolardo per questo aneddoto, che racconta più di mille parole. Sappiamo in tanti cosa sia il precariato, cosa significhi scrivere in ogni condizione, orario eccetera. Anche per chi è in belle redazioni come me, sa cmq cosa voglia dire scrivere 8-10 ore da precari e da anni con il tunnel carpale ed altre tendiniti…
Novembre 15th, 2010 at 17:05
[…] la vicenda di Paola Caruso vorrei anzitutto levare il capello per Massimo, al solito, a questo punto meglio toglierselo direttamente prima di accedere al suo blog. […]
Novembre 15th, 2010 at 17:44
[…] […]
Novembre 15th, 2010 at 17:56
i fatti sono i seguenti (ovviamente dedotti dalla rete)
1) lavora da 7 anni come precaria
2) le hanno sempre detto che lavorava bene (nessun warning)
3) le hanno detto che non c’erano assunzioni per crisi
4) si e’ vista scavalcare da uno con un CV oggettivamente piu’ corto (l’unica cosa oggettiva che si puo’ confrontare nei CV)
5) quando ha chiesto spiegazioni, le hanno detto che non verra’ mai assunta
Voglio dire, se mi tenessero 7 anni sventolandomi il contratto ed al primo test delle loro reali volonta’ si comportassero cosi’, io mi incazzerei, magari senza sciopero della fame, ma di sicuro mi incazzerei.
Novembre 15th, 2010 at 17:59
Ma alla fine Paola cosa doveva fare, a parte darla via o rassegnarsi? Scrivere al Corriere della Sera? Scioperare senza fame? Ma è una collaboratrice e lo sciopero comunque non può essere individuale. Con o senza la mia solidarietà è stata comunque non passiva, non rassegnata, alla fine se si parla di lei senza che abbia ammazzato la cugina o partecipato ad una festa ad Arcore non è poi così male.
Novembre 15th, 2010 at 19:26
“Dieci giornalisti professionisti assunti a tempo indeterminato quest’anno dopo dieci anni di precariato. Altrettanti dovranno attendere molto e qualcuno resterà tale perche’ non ha le caratteristiche per essere assunto”
no, Marco, NON ESISTE che sfrutti un lavoratore per 10 anni da precario, e ti accorgi dopo 10 anni che non ha le caratteristiche. E’ abominevole il solo pensarlo. E tu, e quelli che la pensano come te, vi dovrete assumere la responsabilità di aver fatto fuggire dal paese alex e centinaia di migliaia di giovani, che stranamente quando vanno all’estero ci mettono 5 minuti a trovare il posto di lavoro che vogliono e con paga superiore a quella dei “privilegiati” col posto fisso. Evidentemente il problema è tutto dei datori di lavoro italiani, che non vogliono gente competente (perchè la competenza si paga), ma schiavi, e se devono scegliere tra uno competente (che pretende di essere pagato per quello che vale, e col contratto garantito che merita) e uno schiavo (che sarà produttivo la metà del competente, ma si fa pagare un quarto), vanno col secondo col pilota automatico
Novembre 15th, 2010 at 19:47
[…] iniziativa è stata promossa da Macchianera e rilanciata dai maggiori blog italiani, da Gilioli a Mantellini. Poi però sono cominciate le critiche – le meglio argomentate che ho trovato sono questa e […]
Novembre 15th, 2010 at 20:28
A me sembra che Mantellini volesse parlare di altre cose, pur con esplicito rispetto per questa vicenda (che ha, comunque, voluto segnalare).
Novembre 15th, 2010 at 20:51
Il Cdr del Corriere della Sera non sa nemmeno quanti sono i cococo che lavorano in redazione (e neanche se lo possano fare, se è per quello), forse domani andrà a contarli, è già un risultato (e sto parlando di un cdr che storicamente ha avuto una certa attenzione per il precariato, figuratevi gli altri).
Bordone, che non so chi sia, ho smesso di leggerlo alla quinta riga, quando ho capito che non sa quale sia la differenza fra cococo e contratto giornalistico (che non è necessariamente a tempo indeterminato).
Novembre 16th, 2010 at 02:11
ma gente, paola fa benissimo. chi critica non conosce la situazione lavorativa dei giovani.
io non ho più un amico che ha un contratto a tempo indeterminato, io stesso ho fatto un anno di stage dopo l’università, un anno di nero a seguire, e poi tre contratti a tempo determinato pagati 870 euro mensili. scadevano sempre ad agosto così le ferie non me le pagavano e a settembre tornavo a lavorare. poi mi hanno lasciato a casa.
continuo a sentirmi dire dalle altre generazioni: “alla tua età vivevo già da solo, ero già padre di famiglia” si però non pagavi un affitto che era il triplo del tuo stipendio. le ferie te le pagavano, se eri ammalato percepivi comunque il tuo stipendio, se chiedevi un mutuo te lo davano. se eri banchiere magari avevi pure la tredicesima e la quattrodicesima.
Tredicesima, chi sa più cosa vuol dire. la situazione è talmente grave che ormai si sta formando un “gergo” su questa piaga del lavoro. conoscete il termine stop and go? ve lo spiego. tra ogni contratto a tempo bisogna fare una settimana di pausa (non pagata chiaro) perché così ti possono riassumere come un nuovo dipendente. al terzo sng o sei dentro o sei fuori. al call center della vodafone dove ha lavorato un mio caro amico, del suo corso, circa 80 persone, solo una ha superato il terzo sng ed ora è assunta definitivamente. caso vuole fosse la più gnocca di tutte. comunque sia, uno su ottanta. e c’erano fior di laureati e padri di famiglia.
Sono cinque anni che ho finito gli studi e lavoro, e ancora ricevo quasi esclusivamente proposte di stage. pochi mesi fa mi hanno proposto uno stage di tre mesi per fare data entry. ovviamente non pagato. lo stage dovrebbe significare io lavoro a meno o gratis in cambio tu mi insegni il mestiere. ora mi chiedo ci vogliono tre mesi per imparare a inserire dati in un soft? poi lo propongono a me che faccio web mktg e web design da anni.
mi sono messo in proprio ma ancora vivo con mio padre, se volessi prendere in affitto un monolocale dovrei mettermi a spacciare oltre che lavorare. di comprare casa non se ne parla neanche. la mia banca non mi ha dato neanche la carta di credito nella mia situazione.
tornando a paola, il fatto che sia il corriere della sera rende la cosa ancor più grave visto che dovrebbe essere un’azienda seria. e non ditemi, come il tale matteo bardone, di rivolgerci all’avvocato. è tutto regolare, è la legge italiana, nessun reato. oggi funziona così.
e pensare che basterebbe fare una piccola modifica legislativa per uscire da questa situazione drammatica: i contratti a tempo determinato costano di più alle aziende in tasse rispetto ai contratti indeterminati. il contrario di quello che avviene oggi.
saluti a tutti
Novembre 16th, 2010 at 02:19
volgio aggiungere anche un’altra cosa. questa situazione non danneggia solamente noi giovani ma tutti.
quando il mio datore di lavoro, che crede di risparmiare facendomi contratti a tempo determinato, dovrà chiamare un call center, andare dal meccanico, parlare col proprio assicuratore ecc. avrà a che fare con un precario che del di servirlo nel migliore dei modi non frega nulla. che probabilmente tra sei mesi non sarà più li e che di conseguenza cercherà di dare il minimo indispensabile come impegno lavorativo. tanto non gliene torna in tasca nulla. non ti impegni in un lavoro che sai di perdere tra poco.
ci smeniamo tutti da questa situazione. le aziende per prime, visto che dopo tre sng lasciano a casa i talenti, i quali invece aumenterebbero la loro produttività essendo piu bravi di altri, solo per risparmiare quattro soldi.
Novembre 16th, 2010 at 09:26
Bisognerebbe saperne di più. Senza informazioni, io non mi metto di certo a dare la solidarietò a dritta e a manca.
E’ tristissimo che Paola Caruso non debba avere un lavoro sicuro ed essere costretta a fare la co.co.co. per ani e anni; questo è il sintomo che in Italia qualcosa non va.
Tuttavia, bisognerebbe avere più informazioni sulla storia.
Punto 1: credo che “Il Corriere della Sera” sia un giornale privato e che quindi non sia soggetto a graduatorie, come il pubblico impiego. Una ditta privata assume chi meglio crede (se sia giusto o no, è un altro discorso).
Punto 2: come mai Paola Caruso è stata superata da un giovane che aveva meno esperienza di lei nel Corriere? Potrebbe essere un raccomandato (e in tal caso Paola avrebbe ragione a protestare), ma potrebbe anche avere più titoli di lei o essere stato giudicato più in gamba dall’editore. Va’ a sapere.
Di certo, concordo sul fatto che non si può creare un acritico movimento d’opinione con così poche informazioni.
Novembre 16th, 2010 at 17:39
[…] divisi loro stessi – e la stessa Rete amplifica e determina il dibattito, come ha saggiamente evidenziato Massimo Mantellini. Grande eco, e indignazione, ha suscitato l’analisi di Matteo Bordone, che ha […]
Novembre 17th, 2010 at 07:43
[…] […]
Novembre 17th, 2010 at 20:04
Matteo Bordone e Giuia Soncini hanno perso una bella occasione per tacere. I post di Mantellini e Luca De Biase mi sembrano i più equilibrati, senz’altro più maturi e consapevoli.