Un giorno lo vorrei fare. Vorrei entrare nella stazione dell’alta velocità di Bologna, enorme androne sotterraneo inaugurato qualche anno fa, e con una penna e un taccuino mi piacerebbe prendere nota delle piccole imperfezioni che si incrociano sul percorso.

I piccoli segni, le cose brutte ma piccolissime, da un po’ di tempo mi ossessionano. Penso che esprimano con precisione i tratti della nostra decadenza (compresa la mia di osservatore senile). Le indicazioni malfatte, enormi e gialle, gli adesivi sul pavimento, il cartongesso sbeccato e verniciato a caso, i bagni nuovi ma spesso chiusi o allagati, le scomode poltrone per i viaggiatori in attesa, gli annunci gracchianti dell’altoparlante, le scale mobili che cigolano, le temperature sbagliate (freddo d’inverno, caldo d’estate): moltissimo in quella stazione racconta, attraverso piccoli segni, il collasso della nostra identità. Il lavoro fatto male ma anche il mancato controllo, l’incuria che si aggiunge alla cattiva progettazione, il nuovo inaugurato già rotto o non finito o vecchio o sporco. Il liberi tutti del chissenefrega generale. Questo è – se vi va bene – e questo è anche se non vi va bene.

Tutto ciò non riguarda le scelte di progettazione, che nel caso della nuova stazione dell’alta velocità di Bologna sono discutibili e imbarazzanti ma che rientrano comunque nell’ambito del possibile, ma riguarda la cura del particolare, la cattiva gestione, la mancata organizzazione. Riguarda insomma, partendo da una nuova stazione brutta e disadorna, il provare a gestirla comunque bene per arretrare qualche metro lungo una strada sbagliata.

Perché oggi a Bologna dentro il buco di via Carracci i treni partono, i bar preparano caffè, le cose, più o meno, funzionano. Ma sono brutte e respingenti e così offrendosi educano migliaia di passeggeri in transito, all’accettazione della loro bruttezza. La stazione di Bologna suggerisce il brutto delle piccole cose come nuova normalità e non come inevitabile conseguenza dell’azione del tempo. Si tratta di un brutto ulteriore rispetto a quello che ciascuno di noi inevitabilmente porta con sé in un Paese vecchio come l’Italia.

Chiunque viaggi un po’ per il mondo sa che l’attenzione per le piccole cose nei luoghi pubblici descrive i popoli: il cartongesso sbeccato è il segno di una incuria che altrove risulta inaccettabile. E con “altrove” mi riferisco ai Paesi con i quali siamo soliti confrontarci.

Così anche la disattenzione per le piccole cose descrive i popoli: per questa ragione quella nuova-vecchia stazione nello snodo ferroviario principale del Paese, un luogo attraverso il quale tutti prima o poi transiteremo, è la metafora perfettissima di una resa.

E allora magari uno di questi giorni lo faccio: prendo carta e penna e percorro lentamente il tragitto dalla vecchia alla nuova stazione dei treni veloci di Bologna appuntandomi le molte cose piccole e malfatte che nessuno nota. Il tappeto irrilevante della nostra silenziosa accettazione.


21 commenti a “I treni partono, i bar preparano caffé”

  1. Roby dice:

    Io sono andato a Londra per una settimana questa primavera, ed ho avuto le stesse riflessioni di questo post per quanto riguarda la differenza tra le civiltà “mediterranee” e quelle del nord europa, specialmente per la cura dei piccoli particolari e la pulizia in tutta la città. Inoltre tutto funziona perfettamente, non si vede spazzatura in giro, giardini curatissimi, etc.
    Pero’ non ho puto fare a meno di dirmi che tutto questo dipende anche molto dal livello economico del tessuto sociale.
    A Londra la vita nel centro della città é carissima, dagli affitti ai trasporti, non mi sono mai sentito cosi’ “povero” come durante questa vacanza.

  2. .mau. dice:

    stai umarellizzandoti :-)
    (altrimenti avresti preparato il dossier, non avresti scritto “una volta o l’altra preparo il dossier)

  3. CoB dice:

    Pensa se vieni a Roma!

  4. Emanuele dice:

    Sciatt-Italia

  5. alcuni aneddoti dal futuro degli altri | 28.06.15 | alcuni aneddoti dal mio futuro dice:

    […] Massimo Mantellini, “I treni partono, i bar preparano caffé”: Tutto ciò non riguarda le scelte di progettazione, che nel caso della nuova stazione dell’alta velocità di Bologna sono discutibili e imbarazzanti ma che rientrano comunque nell’ambito del possibile, ma riguarda la cura del particolare, la cattiva gestione, la mancata organizzazione. Riguarda insomma, partendo da una nuova stazione brutta e disadorna, il provare a gestirla comunque bene per arretrare qualche metro lungo una strada sbagliata. […]

  6. Matteo dice:

    Caro Massimo,
    post bellissimo, che intercetta quello che covavo io da un po’ di settimane in testa, chiedendomi e richiedendomi se si potesse immaginare di inserire “bellezza” nel prossimo programma elettorale di un sindaco di comune, o più in generale del nostro modo di pensare, di approcciarci al quotidiano, ma poi anche di agire. E dunque le propongo, anziché “prendere carta e penna e percorrere lentamente il tragitto dalla vecchia alla nuova stazione dei treni veloci di Bologna appuntandosi le molte cose piccole e malfatte che nessuno nota”, perché non prova a cambiarle, quelle piccole, cose, o perlomeno ad innescare un cambiamento, laddove lei, per incompatibilità dei ruoli, non può esserne artefice?

    Con stima, un saluto
    Matteo Troìa

  7. Giorgio dice:

    Carissimo,
    Trovo anche io che il post sia bellissimo, poetico e amaro allo stesso tempo.
    Amaro perché descrive in pieno l’Italia che ci scorre sotto i piedi. Se anziché una stazione guardiamo una scuola, un ospedale, un ufficio pubblico, la nostra arte, il nostro ambiente, dappertutto la sensazione è la stessa che lei descrive. Ahimè.
    Ma ho fiducia negli italiani che sanno ritrovate il loro orgoglio quando è necessario.
    Se desidera fare un tratto di strada insieme per vedere cosa c’è da fare e cosa si può fare per cambiare sarò felice di essere uno dei “quattro amici al bar”, magari si riuscirà a “cambiare il mondo”.

    Un saluto

    Giorgio

  8. Eliana dice:

    Le serrature dei bagni delle donne sono rotte, e i getti di aria calda anche, almeno da gennaio. Le sedute per l’attesa sono poche al
    piano dei bar, ma zero assoluto a lato binari. La larghezza della banchina è ridicola, se hai due figli e delle valige rischi che qualcosa precipiti sui binari.

  9. Pietro dice:

    Oltre alla trascuratezza, non sembra essere uno spazio progettato per ospitare essere umani. Ai treni non c’è spazio sui binari, non c’è modo di sedersi, l’ambiente è soffocante. Sopra invece lo spazio è enorme, inutile, senza una idea, e in rapida decadenza.
    Una idea diversa di spazio urbano: http://thehappycity.com/

  10. .mau. dice:

    Credo che non avere modo di sedersi sia una scelta voluta per evitare bivacchi e simili. Per il poco spazio sui binari non so, può essere colpa del poco spazio della stazione. Prima o poi andrò a vedere :-)

  11. Giò dice:

    Ovviamente la stazione sullo schermo del computer del progettista era una figata…..

  12. Wiz dice:

    Sottoscrivo ogni piccolo ma curatissimo dettaglio di questo articolo.

  13. Woody dice:

    Non vorrei passare per l’avvocato del diavolo, ma alla stazione centrale di Francoforte si viene accolti dallo stesso odore (acido urico) di Termini. Uguale uguale…

  14. umberto fusini dice:

    E’ questione di naso, comunque appena esci, dal pisciatoio, vedi un altro mondo…dove non ci soo tutte le sgorbiature che trovi a Roma o a Bologna, comunque la maggior parte non le nota e dicono che si sta male perché non si mangiano gli spghetti…

  15. Giovanni dice:

    Proprio vero, constatazione triste e impeccabile in ogni sua parte.
    Ma posso lo stesso fare un appunto? Perché, invece che andare da solo con un taccuino, e poi scriverne su un blog o un giornale, non organizza un giro insieme ad un responsabile della manutenzione della stazione, così da responsabilizzarlo di più sulle piccole, ma significative cose che troverete?
    Mi pare più efficace e più diretto, più rivolto a risolvere che solo a evidenziare (che per altro è giustissimo, no vuol suonare come critica).
    Penso questo, sopratutto da un po’ di tempo a questa parte.
    Bel pezzo comunque, grazie.

  16. ArgiaSbolenfi dice:

    Non chiedete che cosa può fare la stazione di Bologna per voi; chiedete che cosa potete fare voi per la stazione di Bologna.

  17. enzo brasolin dice:

    telegramma. – mia prima volta stazione di bologna. – mi necessitava rientro a torino entro certa ora – persona gentilissima addetta assistenza viaggiatori presso biglietterie automatiche – mostratemi varie opzioni – tutto con molta calma e sorriso. a questo punto tutta la stazione mi è sembrata bellissima. le considerazioni fatele da voi

  18. Mike dice:

    A Torino la linea 1 di metropolitana leggera viene tenuta pulita con discreti sforzi economici, nonstante la presenza di inutili mammiferi che si divertono a vandalizzare carrozze e locali, od almeno ci provano. Spesso vengono identificati e catturati.
    Cosa piu’ importante, però è che le stazioni della metro son state pensate per fare da stazioni ed essere funzionali. Non come Porta Nuova che da stazione dei treni è stata fatta diventare galleria commerciale, o come Porta Susa che è stata sotterrata per fare un’altra galleria commerciale, mezza vuota. La non funzionalità degli ambienti è uno dei motivi che poi porta al degrado di essi, oltre alla cialtronaggine di chi dovrebbe gestirli, ma secondo me un edificio non funzionale è di per sè brutto, e questa bruttezza si trasmette a chi divrebbe tenerlo pulito.

  19. Gigistar dice:

    Sposo per intero il post ma, come alcuni che mi hanno preceduto, da qualche tempo non mi bastano più le argute constatazioni sul degrado che ci circonda.

    Il paese mi sembra diviso radicalmente: da un lato chi sindigna e cammina per strada col sopracciglio alzato, fantasticando di trasferirsi altrove; dall’altra chi si ne sbatte altamente, tiene la macchina immacolata ma non si fa problemi a svuotare il portacenere sul marciapiede (tanto quello mica è roba sua).

    Vorrei che circolassero più spesso idee su come cambiare tutto questo, e post/articoli/trasmissioniTV che alimentassero le coscienze della gente sul “perché” sarebbe giusto fare tutti – come collettività – un salto di civiltà.

    Forse serviranno un paio di generazioni, ma sospetto che un ruolo cardine vada alla scuola. Perché non rendere l’educazione civica il primo, fondamentale insegnamento (teorico e pratico) fin dai 6 anni? Il bambino di oggi sarà il direttore della stazione di Bologna di domani.

  20. ArgiaSbolenfi dice:

    L’educazione civica l’hanno abolita lustri fa.. avranno pensato che per un popolo così civile non valeva la pena sprecare tempo in inutili paternalismi

    Io comunque penso che dal lato di chi ne ha la responsabilità, più che una mancanza di sensibilità ci sia una mancanza di soldi, o meglio quelli disponibili sono allocati e spesi male, se è vero che i grandi progetti costano sempre molto di più che all’estero

    Poi la gente si abitua al brutto, e finisce per contribuirvi..

  21. Paolo dice:

    Fallo, Mantellini, hai l’età giusta per fare il vecchietto che guarda i lavori di un vecchio Paese.
    A parte gli scherzi: lo stile è certamente nella sostanza ma anche nei dettagli, ma anche nella sostanza (ogni riferimento alla banda dei renziani è puramente causale). Ma anche nei dettagli. Quindi secondo me fa benissimo Mantellini a smetterla con la perpetua lamentazione da “vecchio Paese” e invece segnarsi concretamente cosa, secondo lui, non va.

    Nei dettagli c’è secondo me anche la passione del lavoro, non la banalità.
    E’ anche vero che se continua questa lamentazione dogmatica sull’Italia brutta sporca e cattiva molti non avrenno nemmeno voglia d’impegnarsi… un cambio di percezione, che non è sostanza, ma di una certa rilevanza.

    E dispiace un po’ vedere altri Paesi del “vecchio” continente, con il cartongesso a posto.